L’Ancora

Devozioni in formato semplice

  • Decisioni, decisioni

    Maria Fontaine

    [Decisions, Decisions]

    Stavo ascoltando la storia di Re Davide nei libri Primo e Secondo Samuele. C’è una cosa notevole che Davide apparentemente faceva quando in una situazione interveniva un nuovo fattore. Ogni volta che le circostanze cambiavano anche minimamente, la sua prima reazione era chiedere a Dio cosa fare. Costantemente, le risposte che Dio gli dava funzionavano.

    A volte una situazione sembrava molto simile alle precedenti, come quando si trovò di fronte all’esercito filisteo e il Signore gli disse di lanciare un attacco frontale. Gli fruttò la vittoria e i filistei furono sconfitti. Poi, qualche tempo dopo, le circostanze sembravano identiche, ma questa volta il Signore gli disse invece di aggirarli furtivamente e poi, al segnale di Dio, doveva attaccarli dalla direzione opposta.

    Molte volte, quando Davide aveva chiesto al Signore cosa fare, le risposte si erano rivelate inaspettate, ma avevano sempre portato a un risultato positivo. In un caso, quando Davide e i suoi uomini si nascondevano da Saul, il Signore gli disse di aiutare una piccola città sotto attacco e questo avrebbe letteralmente salvato la vita dei suoi abitanti. Se però l’avessero fatto, Saul, che all’epoca cercava di uccidere Davide, sarebbe venuto a sapere che lui era stato lì. Gli stessi uomini di Davide cercarono di convincerlo a non andare, ma quando lui chiese al Signore cosa fare, questi gli indicò di andare in soccorso alla città, così lui ubbidì (1 Samuele 23:1-3).

    Ci si sarebbe potuti aspettare che in seguito i cittadini si sarebbero sentiti in debito verso Davide e i suoi uomini e che non avrebbero tradito Davide rivelando la sua posizione a Saul. Davide però ne chiese conferma al Signore, e questi gli disse che gli abitanti della città lo avrebbero tradito e che era ora di scappare.

    Quella che all’inizio sembrava una mossa azzardata di Davide in seguito avrebbe avuto un ruolo nel mettere fine alla campagna di Saul per distruggerlo. Alla fine, la misericordia e la compassione di Davide nei confronti del popolo, e perfino di Saul, spinsero quest’ultimo a smettere di attaccarlo (1 Samuele 24).

    Nonostante i suoi molti errori e difetti Davide dipese da Dio e si rivolse a Lui per trovare le risposte. Forse questo è uno dei motivi per cui Dio chiamò Davide un uomo secondo il suo cuore (Atti 13:22).

    Quando Saul cercava aggressivamente di distruggere Davide, Dio non gli permise di riuscire nel suo intento. In un caso, Saul era su un lato di un monte e cercava di rintracciare Davide e i suoi uomini che erano dall’altra parte del monte. Dio però mandò i Filistei ad attaccare il paese di Saul, così che lui dovette smettere immediatamente di inseguire Davide per il momento, per andare a combattere contro di loro (1 Samuele 23:26–27). Nonostante Saul avesse molte spie in mezzo alla gente, non riuscì mai a mettere le mani su Davide.

    È una bella illustrazione di come, quando coinvolgiamo Gesù nelle nostre decisioni, Lui può guidarci e lo farà. È facile osservare le circostanze e calcolare che «l’abbiamo già fatto prima», affidarsi alle esperienze precedenti per decidere cosa fare. Solo Dio, però, vede il quadro globale; noi no.

    È bene imparare dall’esperienza; dobbiamo apprendere principi spirituali dalle cose che ci succedono, ma non sempre possiamo sapere se ci sono altri fattori di cui non siamo a conoscenza che potrebbero avere un ruolo nella nostra situazione attuale.

    Il punto non è che dovremmo essere perfetti e guardare a Gesù sempre, in ogni situazione. Non è possibile. Comunque, la nostra incapacità di essere perfetti non dovrebbe farci rinunciare al tentativo di raffinare le nostre capacità di includere il più possibile Dio nelle nostre decisioni.

    È importante presentare a Gesù le nostre decisioni, piccole o grandi che siano. Lui capisce che dobbiamo imparare e crescere. Ci vuole tempo per acquisire saggezza dai tentativi e dagli errori che commettiamo, ma a poco a poco i nostri punti deboli possono trasformarsi in punti forti. Dio è misericordioso e compassionevole; vede il nostro cuore, nonostante i nostri limiti.

    Re Davide sbagliò in numerose occasioni, come quando mandò degli uomini a fare un censimento per stabilire se aveva abbastanza uomini per lanciare una battaglia, invece di chiedere consiglio a Dio (2 Samuele 24:8–17). Sapeva come rivolgersi al Signore e affidarsi a Lui, tuttavia in un attimo di debolezza si affidò a ciò che poteva vedere, alla forza dei numeri in battaglia, invece che a Dio. Come risultato, subì una perdita dolorosa, ma divenne anche più forte nella convinzione di affidarsi ancora di più a Dio.

    Un altro esempio di dipendenza da Dio è l’apostolo Paolo. All’inizio era un feroce nemico dei cristiani, ma dopo che conobbe il Signore fu determinato a seguire Gesù dovunque lo guidasse. Anche se dovette affrontare l’ostracismo di alcuni dei suoi stessi fratelli e la brutalità e le minacce di morte da parte di altri che odiavano la verità, Paolo non smise di seguire Gesù. La sua determinazione nell’andare dovunque Dio lo guidasse e la sua profonda relazione con il suo Salvatore furono decisive per raggiungere innumerevoli milioni di persone con il vangelo.

    “Confida nel SIGNORE con tutto il cuore e non ti appoggiare sul tuo discernimento. Riconoscilo in tutte le tue vie ed egli appianerà i tuoi sentieri” (Proverbi 3:5-6).

    Commettiamo molti errori e a volte cediamo ai nostri difetti e alle nostre debolezze, ma se facciamo uno sforzo per guardare il più possibile a Gesù, Lui lavorerà nella nostra vita e la userà per realizzare i suoi buoni propositi.

    Possiamo vedere Pietro, la cui peggiore mancanza — rinnegare il suo Salvatore per ben tre volte — precedette la sua grande testimonianza e l’impatto che ebbe sul mondo. A volte possiamo sentirci umiliati e pieni di vergogna per le imperfezioni contro cui lottiamo; a volte potremmo ricaderci. L’amore di Gesù, però, può ricavare del bene da cose simili; poi, man mano che impareremo, cresceremo e matureremo, otterremo saggezza e un cuore che rispecchia più chiaramente quello di Gesù. Il perfetto amore di Dio nei nostri confronti scaccia ogni paura; alla condanna sostituisce il perdono e la speranza e noi impariamo l’importanza di affidarci sempre di più a Lui.

    Così, quando affronti delle decisioni nella vita, fa’ del tuo meglio per mantenere la mente e il cuore aperti al dolce sussurro di Dio e alla verità della sua Parola. Questa abitudine, quando viene sviluppata fedelmente in piccoli modi, diventa gradualmente un fondamento di fede per le decisioni più grandi che dovrai prendere.

    Dio ti parla attraverso la sua Parola quando la leggi, o tramite i versetti che lo Spirito Santo ti riporta alla mente. Ascoltare le sue indicazioni potrebbe essere il dolce sussurro di Dio nel tuo cuore, che t’incoraggia e ti dà sottili suggerimenti. Potrebbe essere un’immagine o semplicemente un senso di ciò che va fatto, oppure la pace che senti nel cuore con la consapevolezza che Lui ti sta guidando.

    Le sue indicazioni potrebbero arrivare anche tramite un senso di allarme o di apprensione che qualcosa non va, anche quando niente di visibile potrebbe spiegare quella sensazione. A volte Lui potrebbe aprire delle porte o consentire certe circostanze per aiutarti a cogliere un’occhiata del suo piano. Più scegliamo di essere aperti alla sua “voce”, in qualsiasi modo Lui ci parli, più essa diventa chiara e forte.

    Tutti abbiamo avuto la nostra parte di problemi e fallimenti; alla fine, nella maggior parte dei casi abbiamo scoperto che dalle ceneri di quelle cose sono usciti dei tesori preziosi. Abbiamo imparato ad andare avanti e a prendere decisioni nel modo migliore possibile con il suo aiuto, perché sappiamo che «Colui che ha cominciato in voi un’opera buona, la condurrà a compimento» (Filippesi 1:6).

    Siamo tutti dei lavori in corso, ma anche quando non riusciamo a prendere le decisioni giuste, non c’è condanna in Gesù. Quando rivolgiamo lo sguardo a Lui e sentiamo la sua misericordia e del suo perdono, Lui può usare anche le nostre decisioni sbagliate per aiutarci a diventare più saggi e più forti. Lode al Signore!

    Pubblicato originariamente nell’ottobre 2022. Adattato e ripubblicato sull’Ancora in inglese il 20 novembre 2025.

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L’Angolo dei Direttori

Studi biblici e articoli che edificano la fede

  • 1 Corinzi: capitolo 13 (versetti 1-13)

    [1 Corinthians: Chapter 13 (verses 1–13)]

    Nel capitolo 12 di 1 Corinzi, Paolo affronta le varietà dei doni spirituali e del servizio, sottolineando che è Dio a conferire questi doni ed è lo Spirito Santo a distribuire i doni a ciascun credente “per il bene comune” (1 Corinzi 12:4-7, 11). Molti commentatori ritengono che la frase finale del capitolo 12 dovesse essere il primo versetto del capitolo 13. Di conseguenza, inizieremo questo studio con 1 Corinzi 12:31.

    Voi, però, desiderate ardentemente i doni maggiori! Ora vi mostrerò una via, che è la via per eccellenza (1 Corinzi 12:31).

    Paolo termina questo capitolo incoraggiando i Corinzi a desiderare ardentemente i doni più grandi. Poi dichiara che mostrerà loro “una via per eccellenza” per vivere come parte del corpo di Cristo. In tutte le sue epistole Paolo parlò dell’importanza dell’amore tra i cristiani, che è il tema di 1 Corinzi 13 e viene spesso indicato come la superiorità o la preminenza dell’amore.

    Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi amore, sarei un rame risonante o uno squillante cembalo (1 Corinzi 13:1).

    Paolo aveva affrontato il dono di parlare in lingue nel capitolo precedente e lo ripropone qui a causa dell’eccessiva enfasi che alcuni credenti di Corinto stavano dando a questo dono. Qui si riferisce a esso come “lingue di uomini e di angeli”. Tuttavia, non c’è alcuna prova che Paolo credesse che fosse possibile parlare nelle “lingue degli angeli”, né questo è menzionato in nessun altro punto della Bibbia.

    Tuttavia, anche se si potesse parlare in tali lingue, un simile dono non sarebbe nulla senza l’amore. Paolo lo personalizzò dicendo che se lui parlasse tali lingue senza amore, non sarebbe altro che un “rame risonante o uno squillante cembalo”. L’affermazione di Paolo che il dono delle lingue, senza l’amore, sarebbe solo del rumore inutile, probabilmente sconvolse i lettori corinzi che si attribuivano importanza per il fatto di avere questo dono.

    Se avessi il dono di profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza e avessi tutta la fede in modo da spostare i monti, ma non avessi amore, non sarei nulla (1 Corinzi 13:2).

    Poi, Paolo parla della profezia, un dono che tiene in grande considerazione (1 Corinzi 14:1). Inizia presentando uno scenario ipotetico in cui possiede un dono di profezia così grande da poter conoscere tutti i misteri e tutta la conoscenza. Nessun profeta nella Bibbia ha mai posseduto una tale onniscienza. Tuttavia, Paolo sottolinea che, anche se conoscesse ogni segreto divino e ogni conoscenza, senza l’amore non sarebbe nulla.

    Paolo prosegue poi con un’affermazione simile riguardo alla fede, dicendo: “Se avessi tutta la fede in modo da spostare i monti, ma non avessi amore, non sarei nulla”. Una persona può avere una fede che sposta i monti (Marco 11:23), ma non le giova a nulla senza l’amore.

    Se distribuissi tutti i miei beni per nutrire i poveri, se dessi il mio corpo a essere arso, e non avessi amore, non mi gioverebbe a niente (1 Corinzi 13:3).

    Poi Paolo passa a parlare di donazioni che comportano un sacrificio e fornisce chiarezza sul loro intento: “Se distribuissi tutti i miei beni per nutrire i poveri”. Paolo presenta l’ipotetico scenario di dare via tutto ciò che possiede ai bisognosi. Tuttavia, conclude che un tale gesto di sacrificio non gli avrebbe fruttato nulla se non lo avesse fatto per amore.

    Poi Paolo immagina di poter dare il suo corpo perché sia bruciato, cosa che potrebbe riferirsi a una persecuzione religiosa in cui avrebbe dovuto rinunciare alla propria vita, o forse Paolo si riferiva alle prove e alle difficoltà che l’avevano quasi condotto alla morte. In questi scenari, Paolo aveva affrontato situazioni in cui avrebbe potuto fare cose incredibilmente vicine al sacrificio, distribuendo tutti i suoi beni o venendo bruciato sul rogo. Ma Paolo conclude che senza l’amore cristiano queste azioni non valgono nulla.

    Il commentatore biblico Leon Morris la mette in questi termini:

    Paolo dice che è possibile che una persona […] faccia questo enorme sacrificio senza amore. Potrebbe essere ispirata dalla dedizione a un grande ideale, o dall’orgoglio o cose simili. In questo caso, non ottiene nulla. […] È l’amore l’unica cosa necessaria. Nulla può supplire alla sua mancanza.1

    Gesù ha insegnato che “amare il prossimo come se stessi” è secondo solo all’amare il Signore con tutto il cuore, l’anima e la mente (Matteo 22:37-40). Il comandamento di amare gli altri è la seconda legge per importanza nelle Scritture, pertanto Paolo sosteneva che senza amore per il prossimo i doni spirituali non hanno alcun valore.

    Dopo aver sottolineato la preminenza dell’amore in relazione ai doni spirituali, nei quattro versetti successivi (1 Corinzi 13:4-7), Paolo sposta l’attenzione sulla natura di questo amore e sulle sue virtù, descrivendo i tipi di azioni che esso produce e ciò che l’amore fa e non fa.

    L’amore è paziente, è benevolo; l’amore non invidia; l’amore non si vanta, non si gonfia di orgoglio… (1 Corinzi 13:4)

    Paolo affronta vari aspetti dell’amore cristiano, a partire dalla pazienza e dalla benevolenza, che sono frutti della presenza dello Spirito Santo nella vita dei cristiani (Galati 5:22-23).

    L’amore è paziente. La qualità della pazienza trasmette il senso di sopportazione e di autocontrollo. Dio è paziente, “lento all’ira e grande in bontà” (Numeri 14:18), e nella sua bontà fa in modo che il castigo venga mitigato (2 Pietro 3:9; Romani 2:4). La pazienza fa dunque parte della natura divina e i credenti dovrebbero trattare gli altri con pazienza a causa dell’amore che provano gli uni per gli altri. L’amore ci spinge a essere pazienti con gli altri perché ricordiamo quanto Dio è paziente con noi. L’amore risponde con pazienza agli altri e alle circostanze, invece di arrabbiarsi o agire senza riguardo per gli interessi degli altri (1 Tessalonicesi 5:14).

    L’amore… è benevolo. Il termine benevolenza si trova molte volte nelle epistole di Paolo, spesso nel senso che l’amore si dona con dolcezza al servizio degli altri (Colossesi 3:12; Galati 5:13-14). A volte può assumere la forma di un rimprovero attento e mirato a ottenere un buon risultato, di cui Paolo ha dato esempio trattando i Corinzi con gentilezza ma con fermezza. La benevolenza è un’espressione dell’amore mostratoci da Dio in Cristo (Efesini 2:7). Vediamo questa manifestazione d’amore unita al perdono e alla compassione in Efesini 4:32: “Siate invece benevoli e misericordiosi gli uni verso gli altri, perdonandovi a vicenda come anche Dio vi ha perdonati in Cristo”.

    L’amore… non invidia. Questa è la prima delle otto azioni incompatibili con l’amore elencate da Paolo. L’invidia e la gelosia possono partire dall’ammirazione per i beni altrui, per poi trasformarsi in risentimento per ciò che hanno. L’invidia non riflette l’amore di Cristo, che rinunciò a tutto per il bene degli altri. L’amore non è invidioso né si risente per il successo o le fortune degli altri.

    L’amore… non si vanta. La parola tradotta come vantarsi in questo versetto è usata solo in questo caso nel Nuovo Testamento. Il significato può essere inteso come “darsi delle arie”. Si riferisce al parlare con eccessivo orgoglio dei propri successi, dei propri beni o delle proprie capacità per impressionare gli altri. L’amore è incompatibile con l’orgoglio e la vanagloria, perché l’amore cerca di donarsi, non di affermarsi o di promuovere il proprio avanzamento.

    L’amore… non si gonfia di orgoglio. Paolo parla di orgoglio nel senso di eccessiva sicurezza di sé. Sia l’Antico che il Nuovo Testamento condannano l’orgoglio perché sbagliato e peccaminoso. Quando ci si preoccupa per gli altri, non si è pieni di arroganza e di presunzione. Come scrisse Tommaso d’Aquino, “amare è volere il bene dell’altro”, il che significa anteporre gli altri e il loro benessere al proprio.

    [L’amore] non si comporta in modo sconveniente, non cerca il proprio interesse, non s’inasprisce, non addebita il male (1 Corinzi 13:5)

    Ciò che viene considerato sconveniente, o volgare, può variare da un Paese all’altro, ma alla base di un comportamento sconveniente c’è la mancanza di rispetto per le usanze e le maniere a cui gli altri si attengono. Quando si ignorano queste usanze, si mostra mancanza di rispetto per le persone, mentre essere rispettosi dimostra amore per loro. Tuttavia, l’amore non significa che un cristiano debba seguire la massa. Quando i credenti si trovano di fronte a una cultura o a delle usanze che sono in contraddizione con la loro fede, non è poco amorevole evitare di aderire a esse.

    L’amore… non cerca il proprio interesse. L’amore non mette al primo posto le proprie voglie, i propri bisogni e i propri desideri senza prendere in considerazione i bisogni degli altri. Una persona amorevole mette gli interessi degli altri al di sopra dei propri e cerca il bene degli altri. Naturalmente, questo non significa ignorare i propri bisogni. Nei Vangeli leggiamo che di tanto in tanto Gesù si allontanava dalla folla per allontanarsi dalla pressione della moltitudine o prendersi dei momenti di preghiera (Luca 5:16; 22:41).

    L’amore… non si inasprisce. Altre traduzioni bibliche traducono la parola inasprirsi come “irritarsi facilmente” o “arrabbiarsi facilmente”. Chi ama il prossimo normalmente non si arrabbia né si irrita per le azioni degli altri, ma è lento all’ira e paziente. Certo, negli Atti leggiamo che Paolo era turbato e “lo spirito gli s’inacerbiva dentro” quando vide gli idoli ad Atene (Atti 17:16), ma ciò avvenne in risposta al male, non per una preoccupazione egoistica per i propri diritti.

    L’amore… non addebita il male, o come si esprime la traduzione CEI, “non tiene conto del male ricevuto”. Chi ama gli altri non tiene un registro dettagliato delle offese subite. Come ha scritto un autore, “l’amore non condona il torto o il male, ma […] dimostra la sua disponibilità a perdonarlo, non tenendo un resoconto di ogni danno in vista di future ritorsioni”.2 L’amore perdona gli altri. Sulla croce, Gesù pregò: “Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno” (Luca 23:34). Nel libro degli Atti, mentre veniva lapidato, Stefano pregò: “Signore, non imputare loro questo peccato” (Atti 7:60).

    …non gode dell’ingiustizia, ma gioisce con la verità (1 Corinzi 13:6).

    Nella sua descrizione dell’amore, Paolo contrappone l’ingiustizia e il male (che può essere tradotto come “iniquità, ingiustizia o danno”) alla verità. Nel farlo, si riferisce alla verità nel senso di “vivere secondo la verità”. La verità è al centro del cristianesimo, poiché Gesù ha detto: “Io sono… la verità” (Giovanni 14:6) e Paolo ha scritto: “Secondo la verità che è in Gesù” (Efesini 4:21). L’amore si rallegra della verità del Vangelo, di Dio e della sua Parola.

    L’amore… soffre ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa (1 Corinzi 13:7).

    In questo versetto, Paolo fa quattro affermazioni positive su ciò che l’amore fa. Scrivendo che “l’amore sopporta ogni cosa”, esprime l’idea che l’amore sopporta molte offese e non smette di amare anche quando ci si trova di fronte alle difficoltà causate dagli altri, compresi i nemici (Luca 6:27). Si riferisce anche alla capacità dell’amore di sopportare le difficoltà per il bene di un’altra persona. Significa scegliere di sostenere qualcuno, anche nei momenti difficili. Questo aspetto dell’amore riguarda la perseveranza e la costanza di fronte alle difficoltà. Come abbiamo visto in precedenza, l’amore non cerca il proprio interesse (1 Corinzi 13:5), ma cerca il bene del prossimo (1 Corinzi 10:24) e, a tal fine, l’amore sopporta ogni cosa per gli altri.

    Crede ogni cosa. Questo aspetto dell’amore, tradotto anche come “confida sempre”, si riferisce al non perdere mai la fede o, secondo le parole di Agostino, al “vedere il lato migliore”. Significa dare alle persone il beneficio del dubbio, essere disposti a credere e a vedere il meglio negli altri, contribuendo a creare un’atmosfera di fede e fiducia. Come ha scritto qualcuno, “ciò non significa che l’amore sia credulone, ma che non pensa al peggio (come fa il mondo). Conserva la sua fede […] è sempre pronto a concedere il beneficio del dubbio”.3

    Spera ogni cosa. La speranza è una parte importante dell’amore e si basa sulla fede e sulla fiducia che Dio farà cooperare tutte le cose al bene di quelli che lo amano, indipendentemente dalle difficoltà che stanno affrontando (Romani 8:28). Tutti noi affrontiamo difficoltà e a volte fallimenti, che possono farci sentire scoraggiati o sconfitti. Ma la speranza dei credenti è la certezza, fondata sulla Parola di Dio, che Cristo ci custodirà per la sua gloria (1 Pietro 5:10; 2 Timoteo 4:18). Quando un credente cade, è Gesù che lo rialza e lo aiuta a stare in piedi (Romani 14:4). È Gesù che ha promesso di portare a compimento l’opera buona che ha iniziato nella nostra vita (Filippesi 1:6).

    Sopporta ogni cosa. L’amore persevera e non rinuncia mai alle persone. È facile amare qualcuno quando non introduce difficoltà, inconvenienti o sfide nella nostra vita. Ma il vero amore resiste sia nei momenti belli che in quelli brutti. Qui Paolo si concentra in particolare sulla necessità di perseverare nell’amore per gli altri. Come cristiani dovremmo vedere la profondità e la perseveranza dell’amore di Cristo come standard per il nostro (1 Giovanni 3:16).

    L’amore non verrà mai meno (1 Corinzi 13:8a).

    In questa terza e ultima sezione del capitolo, Paolo confronta la natura transitoria dei doni spirituali di cui si è parlato in precedenza con la stabilità e la superiorità dell’amore cristiano. “questo versetto Paolo inizia affermando che l’amore non viene mai meno (in altre traduzioni viene reso anche come amore che non avrà mai fine). Indica che chi si impegna nell’amore cristiano condivide l’amore di Dio, che continuerà nell’eternità.

    Le profezie verranno abolite; le lingue cesseranno e la conoscenza verrà abolita, poiché noi conosciamo in parte, e in parte profetizziamo (1 Corinzi 13:8b-9)

    Poi Paolo dice che tre doni spirituali — profezie, lingue e conoscenza (1 Corinzi 12:8-10) — sono temporanei. Questi doni non continueranno nell’eternità come l’amore. Inoltre, non forniscono una conoscenza o una comprensione completa, poiché i credenti “conoscono solo in parte” e “profetizzano in parte”. La profezia, le lingue e la conoscenza sono doni dello Spirito Santo e ciò li rende preziosi per la Chiesa, ma hanno una natura temporanea e parziale.

    …ma quando la perfezione sarà venuta, quello che è solo in parte sarà abolito (1 Corinzi 13:10).

    La conoscenza imperfetta che i credenti possono ricevere attraverso i doni di profezia, lingue e conoscenza scomparirà “quando la perfezione sarà venuta”. Quando Cristo tornerà, alla luce della presenza di Dio non ci sarà più bisogno di profezie, lingue o conoscenza limitata. Tutti questi doni sono solo anticipazioni della perfezione che verrà.

    Quando ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino; ma quando sono diventato uomo, ho smesso le cose da bambino (1 Corinzi 13:11).

    Paolo fa un parallelismo con la crescita di un bambino in un adulto. Da bambino parlava, pensava e ragionava come un bambino. Ma quando è cresciuto ed è maturato, si è lasciato alle spalle le abitudini dell’infanzia. I limiti dei doni di profezia, lingue e conoscenza possono essere paragonati a cose infantili rispetto alla completezza che verrà.

    Poiché ora vediamo come in uno specchio, in modo oscuro; ma allora vedremo faccia a faccia; ora conosco in parte; ma allora conoscerò pienamente, come anche sono stato perfettamente conosciuto (1 Corinzi 13:12).

    All’epoca di Paolo, Corinto era nota per gli specchi che venivano fabbricati in città e forse è per questo che usò questa analogia. Gli specchi antichi erano fatti di un metallo lucido (come l’ottone), che rendeva il riflesso “oscuro”, o confuso. Vedere confusamente nello specchio indica una visione limitata. La nostra conoscenza di Dio è in qualche modo velata; attualmente non possiamo vederlo nella sua gloria a causa dei nostri limiti umani e dei nostri peccati, ma nel mondo a venire i credenti saranno redenti dal peccato e dai suoi effetti.

    Quando vedremo Cristo faccia a faccia, avremo un incontro diretto con Dio. In cielo conosceremo Dio da vicino e personalmente, così come siamo pienamente conosciuti da Lui. Come ha detto un commentatore:

    Paolo paragona l’immagine indiretta e imperfetta che vediamo nello specchio (la nostra esperienza attuale in questa epoca) con la conoscenza diretta, completa e chiara di Dio e della sua verità che sperimenteremo (faccia a faccia) alla resurrezione e oltre.4

    Ora dunque queste tre cose durano: fede, speranza, amore; ma la più grande di esse è l’amore (1 Corinzi 13:13).

    Paolo chiude questa parte della sua lettera con un’affermazione che probabilmente era familiare ai Corinzi perché lui aveva trascorso gran parte del suo ministero concentrandosi sull’importanza della fede, della speranza e dell’amore. Riferendosi a loro come a “queste tre cose”, Paolo evidenzia la fede, la speranza e l’amore come realtà cristiane preminenti e costanti, distinguendole efficacemente da tutto il resto. Questi tre elementi sono spesso collegati anche in altre parti del Nuovo Testamento.

    Memori davanti a Dio e Padre nostro del vostro impegno nella fede, della vostra operosità nella carità e della vostra costante speranza nel Signore nostro Gesù Cristo (1 Tessalonicesi 1:3 CEI).

    Noi ringraziamo Dio, Padre del nostro Signore Gesù Cristo, pregando sempre per voi, perché abbiamo sentito parlare della vostra fede in Cristo Gesù e dell’amore che avete per tutti i santi, a causa della speranza che vi è riservata nei cieli, della quale avete già sentito parlare mediante la predicazione della verità del vangelo (Colossesi 1:3-5).

    Paolo presenta la fede come il modo in cui i credenti sono uniti a Cristo e ricevono la salvezza; la fede rappresenta la nostra fiducia in Dio e il nostro impegno nei suoi confronti. Descrive la speranza in termini della salvezza che i credenti ricevono in cielo. La definizione biblica di speranza è “l’attesa sicura e fiduciosa di ricevere ciò che Dio ci ha promesso per il futuro”.5 La fede e la speranza sono strettamente correlate, in quanto rappresentano la fede e la fiducia in Dio e l’attesa sicura dell’adempimento delle sue promesse per il nostro futuro nel suo regno.

    Se Paolo ha presentato l’amore cristiano all’interno di una trilogia con la fede e la speranza, ha poi proceduto a elevarlo a un livello ancora più alto definendolo “la più grande di esse”. L’amore continuerà nell’eternità, mentre la fede si trasformerà in visione quando vedremo Gesù faccia a faccia (2 Corinzi 5:7) e la speranza non continuerà quando la cosa sperata si sarà realizzata (Romani 8:24-25). Mentre la fede, la speranza e l’amore durano e sono al di sopra di tutti i doni spirituali, il più grande di questi è l’amore.


    1 Leon Morris, 1 Corinthians: An Introduction and Commentary, vol. 7, Tyndale New Testament Commentaries (InterVarsity Press, 1985), 160.

    2 Alan F. Johnson, 1 Corinthians, The IVP New Testament Commentary Series (IVP Academic, 2004), 251.

    3 Morris, 1 Corinthians, 161.

    4 Johnson, 1 Corinthians, 255.

    5 “What is the definition of hope?” GotQuestions.org, https://www.gotquestions.org/definition-of-hope.html.


    Pubblicato originariamente in inglese il 2 settembre 2025.

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  • Ott 21 La vita di un discepolo: introduzione
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  • Set 23 1 Corinzi: capitolo 11 (versetti 17-34)
  • Ago 26 1 Corinzi: capitolo 11 (versetti 2-16)
  • Lug 29 1 Corinzi: capitolo 10 (versetti 16-33)
  • Lug 22 1 Corinzi: capitolo 10 (versetti 1-15)
  • Lug 8 1 Corinzi: capitolo 9 (versetti 18-27)
   

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