L’Ancora

Devozioni in formato semplice

  • Incoraggiare gli altri

    Maria Fontaine

    [Encouraging Others]

    L’incoraggiamento è il lievito dell’anima. Solleva il cuore pesante, dà forza alla speranza esausta, agita il potenziale dell’anima in maniera positiva. A chi lo offre apre gli occhi per vedere la scintilla del Divino negli altri.1

    Incoraggiare gli altri è un modo importante di dimostrare l’amore di Dio. Quando le persone si sentono accettate, amate e apprezzate nella loro qualità di creature di Dio, nella loro vita ha inizio una spirale ascendente che può espandere i loro orizzonti, incoraggiare la loro fede e motivarle a fare cose più grandi.

    Una mia cara collaboratrice mi ha raccontato la testimonianza di come si è ricordata dell’importanza del riconoscere sinceramente le qualità degli altri a ogni opportunità. Ha iniziato la sua lettera con questa citazione:

    Il regalo più bello che si possa fare è l’incoraggiamento. Tuttavia, quasi nessuno riceve tutto l’incoraggiamento di cui ha bisogno per arrivare al suo pieno potenziale. Se tutti ricevessero l’incoraggiamento necessario a crescere, il genio nascosto in quasi ogni persona prospererebbe e il mondo produrrebbe in abbondanza, più dei nostri sogni più pazzi.2

    Ha proseguito dicendo:

    Questa citazione mi ha fatto pensare a te, Maria, perché credo che uno dei tuoi talenti più grandi sia quello dell’incoraggiamento. So che non è un argomento nuovo e forse ne parliamo con troppa familiarità, ma l’incoraggiamento è una cosa molto potente che possiamo dare agli altri. Credo che giustifichi il fatto di ricordarlo spesso a tutti.

    Alcuni mesi fa, il Signore mi ha incoraggiato a scrivere a un paio di amici riguardo a un loro talento speciale: far sentire le persone benvenute e a loro agio quando le ospitano. Avevo letto alcuni libri sull’ospitalità cristiana, sullo stare in compagnia intorno alla tavola, e ho sentito che avrei dovuto far sapere a questi amici che apprezzo e ammiro quella qualità in loro, la loro generosità nel dare agli altri in quel modo. Costa soldi e richiede tempo. Il loro modo di ospitare gli altri è un dono prezioso che richiede sacrifici, ma loro lo fanno liberamente.

    Così mi sono seduta e ho scritto il messaggio. Il giorno dopo mi hanno risposto. Mi ha fatto piacere sapere che erano stati colpiti dal mio messaggio e si erano sentiti incoraggiati nel leggere come questo talento brilla attraverso di loro ed è una benedizione per gli altri.

    Quando pensiamo ad altri cristiani, potremmo immaginare che le nostre parole d’incoraggiamento non siano molto necessarie, perché hanno Gesù a cui possono aggrapparsi. Comunque, molte volte Lui fornisce l’amore, il sostegno e l’incoraggiamento di cui abbiamo bisogno proprio attraverso i nostri fratelli e sorelle nella fede.

    Tutti abbiamo bisogno di incoraggiamento per continuare a usare i nostri doni per amare ed essere Gesù per gli altri. È un investimento che vale più del suo peso in oro, perché causa un impatto che contribuisce a cambiare delle vite.

    Maria: Tutti possiamo fare la nostra parte per incoraggiare gli altri. Mi piace trovare vari modi per mettere in pratica questo principio, specialmente nei confronti di fratelli e sorelle nel Signore che danno se stessi giorno dopo giorno, ma molte volte ricevono pochi riconoscimenti. Ricordare loro che li apprezziamo per quel che sono e per il loro amore per il Signore può fare una differenza enorme nella loro vita.

    Anche i gesti di bontà e generosità sono forme d’incoraggiamento. Consoliamo gli altri con lo stesso conforto con cui noi stessi siamo consolati da Dio. Diventa una reazione a catena in cui ci incoraggiamo a vicenda nel Signore e quell’incoraggiamento si allarga a innumerevoli altre persone.

    Ho trovato la bella storia di un uomo che scelse di indicare le qualità che vedeva in due persone venendo incontro a delle esigenze momentanee nella loro vita. La cosa cominciò con poco e aumentò gradualmente. La storia è questa:

    Un uomo di nome Bob sentì parlare di due giovani profughi che vivevano nella sua cittadina e avevano bisogno di un alloggio temporaneo. Erano due fratelli adolescenti che parlavano poco l’inglese, erano separati dalla loro famiglia e non conoscevano nessuno.

    Bob si offrì di fornire loro una sistemazione provvisoria. Non conosceva nulla della parte del mondo da cui provenivano quei giovani, ma era una persona abituata alla generosità, così preparò la stanza degli ospiti per i due ragazzi.

    Il soggiorno temporaneo fu esteso, poi esteso ed esteso di nuovo. Lui insegnò loro a usare il computer e trovò dei computer usati che potessero utilizzare. Insegnò loro a guidare. Li portò a fare la patente di guida e alle loro lezioni di lingua. Li aiutò a comprare auto usate. Imparò a conoscere il loro paese, le loro usanze e la loro religione. Chiese loro di quali cibi sentissero la mancanza, perché voleva imparare a cucinarli. Si immerse nello studio delle leggi e dei procedimenti riguardanti l’immigrazione. Assunse il ruolo di loro difensore, mentore e amico.

    Li aiutò a trovare lavoro. Quando cominciarono ad uscire con delle ragazze, le portarono a casa a cena per farle conoscere a Bob. Quando una delle loro ragazze dovette tornare nel suo paese per motivi di visto, fu Bob ad accompagnare lei e il suo bambino. Divenne una figura paterna e loro divennero come figli e figlie per lui.

    Lui cambiò la loro vita e loro decisamente cambiarono la sua.

    Bob era mio nonno, Robert Lawrence Barry, e morì poco prima del suo novantunesimo compleanno. Nelle settimane prima della sua dipartita, ci scambiammo storie su questa comunità straordinaria cominciata con quello che doveva essere solo un soggiorno temporaneo. Questi due giovani, e poi le loro mogli e i loro figli – tutte queste vite – sono state enormemente trasformate dalla generosità e dall’impegno di un solo uomo.

    Mio nonno incontrò questi ragazzi quando aveva ottantacinque anni. Questa storia incredibile si è sviluppata nel corso di cinque anni. In un periodo della vita in cui la maggior parte della gente rallenta e si adagia nelle sue routine, mio nonno fece l’opposto.

    Se pensi di essere troppo vecchio per fare la differenza, per incoraggiare una persona dimostrandole il tuo apprezzamento, non è così. Se pensi che non ti sia rimasto abbastanza tempo per costruire qualcosa di veramente bello, ti sbagli.

    Non è troppo tardi per te. Non è mai troppo tardi per crescere.3

    Maria: Trovare il tempo di incoraggiare qualcuno con le nostre parole o le nostre azioni, in modo piccolo o grande, contribuisce a rendere migliore questo mondo. Anche se non abbiamo le risorse per fare qualcosa come Bob, c’è sempre qualcosa che possiamo fare.

    Il rendere un incoraggiamento sincero parte della nostra vita quotidiana può essere applicato a qualsiasi interazione con altre persone. Se aiuta qualcuno a vedersi come una persona di valore, può servire a ricordargli che è una persona amata.

    Naturalmente, se uno non conosce Gesù, possiamo aiutarli ad avvicinarsi a Lui. Il gesto di incoraggiarlo può servire a sollevare il suo spirito quel che basta a dargli la speranza che l’amore esiste in questo mondo. Poi il Signore può usare questo, insieme ad altre carezze del suo amore e alle nostre preghiere, per attirarlo a Sé.

    Quindi non disprezzare il giorno delle piccole cose. Chi è fedele nel poco sarà fedele nel molto. Molti grandi ingranaggi si muovono su piccoli perni.

    Potresti scoprire che la maggior parte delle persone è cortese e premurosa in qualche modo. Molte volte, il riconoscere queste qualità le spingerà a comportarsi in quel modo ancora di più. Può abbattere i muri e aprire il loro cuore; come la marea, solleva tutte le barche, compresa la tua.

    Puoi cercare qualche modo di farlo con famigliari e persone care, amici e conoscenti, oppure semplicemente con le persone che incrociano il tuo cammino. Credo che l’impatto dell’incorporare nella tua vita questo principio dell’incoraggiamento possa avere più risultati di quanto tu possa immaginare, mentre il fiume dell’incoraggiamento scorre attraverso di te nella vita degli altri.

    Pubblicato originariamente nel giugno 2022. Adattato e ripubblicato sull’Ancora in inglese il 30 giugno 2025.


    1 Anonimo.

    2 Sidney Madwed.

    3 Adattato da I Guess I Haven’t Learned That Yet: Discovering New Ways of Working When the Old Ways Stop Working, di Shauna Niequist (Grand Rapids, MI: Zondervan, 2022).

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L’Angolo dei Direttori

Studi biblici e articoli che edificano la fede

  • 1 Corinzi: capitolo 10 (versetti 1-15)

    [1 Corinthians: Chapter 10 (verses 1–15)]

    Dopo aver parlato della vita cristiana, usando l’analogia della corsa per sottolineare la perseveranza e l’autodisciplina necessarie per ottenere il premio, Paolo continua la sua esortazione ai credenti di Corinto.

    Ora, fratelli, non voglio che ignoriate che i nostri padri furono tutti sotto la nuvola e tutti passarono attraverso il mare,  tutti furono battezzati per Mosè nella nuvola e nel mare  (1 Corinzi 10:1-2).

    Qui Paolo usa la parola “fratelli”, tradotta variamente in altre versioni della Bibbia come fratelli o fratelli e sorelle, per mostrare la sua preoccupazione per i Corinzi. Era fermo con loro, perché li amava e si preoccupava per loro. I Corinzi che mangiavano carne offerta agli idoli avevano un certo grado di conoscenza e comprendevano che un idolo non ha un’esistenza reale e che non c’è che un Dio solo (1 Corinzi 8:4). Ma Paolo temeva che ignorassero le lezioni della storia dell’Antico Testamento e i pericoli comportati dall’idolatria.

    Spiega i pericoli facendo due paragoni tra le esperienze dei Corinzi e la peregrinazione degli Israeliti nel deserto. In primo luogo, Dio fornì una nuvola per condurre Israele fuori dall’Egitto (Esodo 13:21-22) e usò Mosè per separare il Mar Rosso e salvare il suo popolo (Esodo 14:21-31). Paolo interpretò questi eventi come il battesimo di tutti gli Israeliti per Mosè per sottolineare che in modo simile, mediante il battesimo, i credenti di Corinto erano stati battezzati in Cristo. Paolo fa questa analogia per identificare Israele con i Corinzi, al fine di applicare le lezioni di Israele a Corinto.

    …mangiarono tutti lo stesso cibo spirituale, bevvero tutti la stessa bevanda spirituale, perché bevevano alla roccia spirituale che li seguiva; e questa roccia era Cristo (1 Corinzi 10:3-4).

    Riferendosi al cibo e alla bevanda come a qualcosa di spirituale, Paolo parlava della manna dal cielo che Dio fornì a Israele per quarant’anni (Esodo 16:12-35) e dell’acqua che fornì da una roccia in almeno due occasioni (Esodo 17:6; Numeri 20:11). Paolo collega simbolicamente Cristo e la provvista d’acqua: questa roccia era Cristo. In questo modo, parla di Cristo come se avesse seguito gli Israeliti e gli attribuisce il titolo di “Roccia”, un nome usato nell’Antico Testamento per indicare Dio (Deuteronomio 32:4, Salmi 18:2).

    Ma della maggior parte di loro Dio non si compiacque: infatti furono abbattuti nel deserto (1 Corinzi 10:5).

    Poi Paolo affrontò la sua preoccupazione principale. Cinque volte, in quattro versetti, Paolo menzionò che “tutti” gli Israeliti condividevano esperienze comuni (1 Corinzi 10:1-4). Gli Israeliti erano uniti nella loro esperienza della grazia di Dio, proprio come i Corinzi erano uniti nel battesimo cristiano e nella Cena del Signore.

    Anche se tutto Israele godette della grazia di Dio, Dio non fu contento della maggior parte di loro. Per questo, la maggior parte degli Israeliti morì nel deserto e non le fu permesso di entrare nella Terra Promessa. Paolo ne parla per richiamare l’attenzione su una situazione simile all’interno della chiesa di Corinto. Tutti i membri della chiesa di Corinto avevano iniziato un cammino spirituale in Cristo e tutti avevano partecipato al battesimo e alla Cena del Signore, ma ciò non significava che fossero liberi di impegnarsi in comportamenti sgraditi a Dio, cosa che aveva portato a giudizi severi sul popolo di Israele.

    Or queste cose avvennero come esempi per noi, affinché non desideriamo cose malvagie come essi fecero (1 Corinzi 10:6).

    I Corinzi dovevano evitare di desiderare cose malvagie. Paolo potrebbe alludere a Numeri 11:4-6, quando gli Israeliti dimostrarono di apprezzare il cibo egiziano più della loro fedeltà a Dio. Israele commise così tanti peccati che tutti gli adulti che lasciarono l’Egitto, tranne due, morirono nel deserto (Numeri 32:11-13). Nemmeno a Mosè fu permesso di entrare nella Terra Promessa (Numeri 20:12).

    Paolo evidenziò questi esempi per mettere in guardia i Corinzi sulla natura delle benedizioni di Dio. Se avessero disubbidito volontariamente a Dio, Egli avrebbe potuto giudicarli come aveva giudicato Israele. Paolo voleva che i Corinzi evitassero ai loro desideri ribelli di prevalere sulla loro fedeltà a Dio.

    Perché non diventiate idolatri come alcuni di loro, secondo quanto è scritto: “Il popolo si sedette per mangiare e bere, poi si alzò per divertirsi” (1 Corinzi 10:7).

    In secondo luogo, Paolo ammonisce i credenti a non essere idolatri, come evidentemente alcuni di loro lo erano. In questo caso pensava a Esodo 32:6 e lo citava per chiarire il suo punto di vista. Mentre Mosè riceveva i Dieci Comandamenti sul Monte Sinai, Israele cominciò ad abbandonarsi a bagordi pagani davanti al vitello d’oro che si erano fabbricati Questo comprendeva pasti legati a culti pagani, simili a quelli che i Corinzi consumavano nei templi. A causa di questa idolatria, Dio quasi distrusse la nazione di Israele. Infatti, su suo ordine, Mosè fece mettere a morte tremila uomini (Esodo 32:28). Paolo, quindi, avvertì i Corinzi di prendere sul serio questa tentazione dei pasti idolatrici.

    Non fornichiamo come alcuni di loro fornicarono e ne caddero, in un giorno solo, ventitremila (1 Corinzi 10:8).

    Nel terzo esempio, Paolo mette in guardia contro l’immoralità sessuale, riferendosi a un episodio riportato in Numeri, quando ventitremila israeliti morirono dopo aver praticato l’idolatria e i riti di fertilità (Numeri 25:1-9). Numeri afferma che ventiquattromila persone morirono a causa della punizione divina per questi peccati, arrivata sotto forma di una piaga. Il numero di Paolo è leggermente diverso, ma il suo punto di vista è chiaro: molti morirono a causa della loro partecipazione a riti pagani di fertilità.

    Le persone che praticavano le religioni della fertilità credevano che partecipare alla prostituzione religiosa e alle orge portasse salute, fertilità e prosperità. L’idolatria praticata a Corinto al tempo di Paolo comprendeva tali pratiche di fertilità. L’avvertimento di Paolo era chiaro: mangiare carne sacrificata agli idoli nei templi pagani e partecipare ai loro rituali poteva portare all’immoralità sessuale, cosa a cui i Corinzi erano inclini (1 Corinzi 6:15-16).

    Non tentiamo il Signore, come alcuni di loro lo tentarono, e perirono, morsi dai serpenti (1 Corinzi 10:9).

    Nel quarto esempio Paolo avverte i Corinzi di non mettere alla prova il Signore, come avevano fatto alcuni Israeliti del passato, quando il popolo aveva bestemmiato Dio rifiutando la sua manna (Numeri 21:4-9). Paolo usò questa parabola perché alcuni a Corinto non erano soddisfatti di ciò che Dio aveva dato loro in Cristo. Come gli Israeliti in passato avevano desiderato un cibo diverso dalla manna, i Corinzi desideravano così tanto la carne da trascurare ogni altra considerazione. Il castigo di Dio sugli antichi Israeliti mette in guardia i Corinzi da queste pratiche.

    Non mormorate, come alcuni di loro mormorarono, e perirono colpiti dal distruttore (1 Corinzi 10:10).

    Il quinto avvertimento di Paolo era che i Corinzi non dovevano brontolare, come facevano alcuni di loro. Lamentarsi contro Dio e i suoi leader accadde molte volte nel deserto (Esodo 15:24; Deuteronomio 1:27). Sebbene le Scritture non menzionino un momento particolare in cui il Distruttore o l’angelo distruttore (BDG) apparve agli Israeliti nel deserto, concetti simili appaiono in vari punti dell’Antico Testamento.1 Ciò che Paolo intende dire è chiaro: brontolare e lamentarsi contro Dio portò al giudizio divino su di loro e alla loro distruzione.

    Tutte queste cose però accaddero a loro come esempio, e sono state scritte per ammonimento nostro, di noi per i quali è arrivata la fine dei tempi (1 Corinzi 10:11).

    Paolo sottolineò ancora una volta che i peccati degli Israeliti e i giudizi su di loro nel deserto avvennero come esempio e furono documentati nell’Antico Testamento come avvertimenti per i cristiani. Questi eventi non sono furono documentati solo per il popolo di Dio dell’Antico Testamento; anche la chiesa del Nuovo Testamento ha beneficiato di queste lezioni. I seguaci di Cristo rischiano sempre di prendere l’esperienza cristiana delle grazia come una licenza di peccare, ma l’esempio dell’Antico Testamento lo proibisce.

    Gli studiosi hanno diverse opinioni su ciò che Paolo intenda quando si riferisce ai credenti come a quelli sui quali è arrivata la fine dei tempi. Alcuni ritengono che intenda affermare che con la venuta di Cristo e la sua redenzione le epoche precedenti sono giunte alla fine. Sembra anche essere un riferimento escatologico, simile alle espressioni usate da vari autori nel Nuovo Testamento come: “negli ultimi tempi” (1 Pietro 1:20-21), “questa è l’ultima ora” (1 Giovanni 2:18) e “negli ultimi giorni” (2 Timoteo 3:1).

    Perciò, chi pensa di stare in piedi, guardi di non cadere (1 Corinzi 10:12).

    I cristiani che sono troppo sicuri di sé e pensano di stare saldi in piedi devono stare attenti a non cadere come fecero gli Israeliti nel deserto. Paolo non intendeva dire che si può perdere la salvezza; lo intendeva piuttosto come un avvertimento per quelli che pensavano erroneamente di poter indulgere in comportamenti proibiti da Dio.

    È probabile che Paolo abbia rivolto questo commento a quelli che credevano di essere liberi di mangiare nei templi degli idoli. Anche se agivano con la certezza che così facendo non avrebbero peccato, correvano il rischio di cadere nell’idolatria e nell’immoralità sessuale. Forse Paolo pensava ai fratelli e alle sorelle deboli che avevano acquisito la fiducia di mangiare nei templi pagani vedendo altri fare lo stesso. Paolo aveva espresso la preoccupazione che questi fratelli e sorelle potessero perire spiritualmente a causa di tale attività.

    Nessuna tentazione vi ha còlti, che non sia stata umana; però Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze; ma con la tentazione vi darà anche la via d’uscirne, affinché la possiate sopportare (1 Corinzi 10:13).

    La parola tentazione in questo versetto è usata in un senso ampio che si riferisce sia alle prove che alle tentazioni. Un autore spiega: “L’immagine è quella di un esercito intrappolato in una terra impervia, che riesce a fuggire da una situazione impossibile attraverso un valico di montagna”.2

    Questa affermazione di Paolo chiarisce che i cristiani non si troveranno di fronte a una tentazione a cui non potranno resistere. In primo luogo, sottolinea che tutte le tentazioni che i cristiani devono affrontare, compresa quella dell’idolatria, sono comuni a tutti gli uomini. La tentazione dei Corinzi di scendere a compromessi mangiando cibi noti per essere stati sacrificati agli idoli non è insolita, anzi è comune. Né si trattava di una tentazione o di una prova che non potesse essere superata. Altri cristiani avevano resistito alla tentazione dell’idolatria e anche i Corinzi potevano farlo.

    In secondo luogo, Dio è fedele e non abbandonerà il suo popolo. Si può confidare che non permetterà tentazioni più forti di quanto i cristiani possano sopportare. Dio fornirà sempre una via d’uscita dalla tentazione, in modo che i credenti possano prendere posizione contro di essa ed evitare di cadere nel peccato. Egli stesso non tenta nessuno (Giacomo 1:13) e, a causa del suo grande amore per i suoi figli, non permette che le tentazioni siano così forti da prevalere sui credenti. Invece, i cristiani cadono nel peccato quando non prendono posizione contro di esso e non cercano la via d’uscita che Dio fornisce loro.

    Perciò, miei cari, fuggite l’idolatria (1 Corinzi 10:14).

    Paolo si rivolge ai Corinzi in termini amichevoli, chiamandoli “miei cari”. Il consiglio di Paolo era semplice ma drammatico: Fuggite l’idolatria. In altre parti delle sue epistole Paolo aveva detto ai suoi lettori di “fuggire” dal peccato quando si vedevano in pericolo (1 Timoteo 6:11; 2 Timoteo 2:22). Come mostrano i versetti precedenti, l’idolatria è una questione seria. I cristiani non dovrebbero indugiare in essa. L’unica cosa saggia da fare davanti al peccato è non avere nulla a che fare con esso, ma evitarlo.

    Io parlo come a persone intelligenti; giudicate voi su quel che dico (1 Corinzi 10:15).

    Paolo presumeva che i Corinzi fossero persone assennate e voleva che giudicassero da soli la questione. Pensava che la saggezza delle argomentazioni da lui addotte li avrebbe convinti della sua posizione.

    (Continua)


    Nota

    Se non altrimenti indicato, tutte le citazioni bibliche sono tratte da: La Nuova Diodati, © Edizioni La Buona Novella, Bari. Tutti i diritti riservati.


    1 Vedi, per esempio, Esodo 12:23, 1 Cronache 21:15 e Salmi 78:49.

    2 Leon Morris, 1 Corinthians: An Introduction and Commentary, vol. 7, Tyndale New Testament Commentaries (Downers Grove, IL: InterVarsity Press, 1985), 142.


    Pubblicato originariamente in inglese l’8 aprile 2025.

  • Lug 8 1 Corinzi: capitolo 9 (versetti 18-27)
  • Giu 24 1 Corinzi: capitolo 9 (versetti 1-17)
  • Giu 10 1 Corinzi: capitolo 8 (versetti 1-13)
  • Giu 3 1 Corinzi: capitolo 7 (versetti 17-40)
  • Mag 27 1 Corinzi: capitolo 7 (versetti 1-16)
  • Mag 20 1 Corinzi, capitolo 6 (versetti 1-20)
  • Mag 6 Praticare tutte le virtù
  • Apr 22 Virtù per i seguaci di Cristo: l’autocontrollo
  • Apr 8 Virtù per i seguaci di cristo: la gentilezza
   

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