L’Ancora

Devozioni in formato semplice

  • Gli effetti del cristianesimo: ospedali e scuole

    Peter Amsterdam

    [The Effects of Christianity: Hospitals and Schools]

    Nel corso dei secoli, sin dai primi tempi del cristianesimo, i cristiani hanno spesso avuto effetto sul mondo diventando noti come una «forza del bene» nella loro comunità. Anche quando gli altri non abbracciavano la fede dei cristiani o non ne capivano la religione, o quando erano perseguitati e diffamati, le loro azioni gentili e le loro buone opere risplendevano davanti a tutti e facevano la differenza nel mondo del loro tempo. Come disse l’apostolo Pietro nella sua Epistola: «La vostra condotta tra i pagani sia irreprensibile, perché […] al vedere le vostre buone opere giungano a glorificare Dio nel giorno del giudizio» (1 Pietro 2:12).

    In questo articolo sugli effetti del cristianesimo esamineremo gli effetti positivi che il cristianesimo ha avuto sul mondo con la nascita degli ospedali e delle scuole.1

    Durante i primi tre secoli dopo la morte e la risurrezione di Gesù, i cristiani subirono varie persecuzioni in diversi momenti e l’unico modo in cui potevano assistere i malati era accoglierli nelle loro case per curare le loro malattie. Quando il cristianesimo divenne legale e poté essere praticato liberamente (dal 324 d.C.) i cristiani si trovarono in una posizione migliore per fornire cure ai malati e ai morenti in maniera istituzionale. Nel 325 d.C. il concilio ecclesiastico di Nicea indicò ai vescovi di stabilire un ospizio in ogni città che aveva una cattedrale. Lo scopo di un ospizio non si limitava alla cura di chi era malato, ma offriva anche un rifugio ai poveri e ai pellegrini cristiani.

    Questo andava d’accordo con gli insegnamenti di Gesù: «“Fui nudo e mi vestiste; fui ammalato e mi visitaste; fui in prigione e veniste a trovarmi”. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare? O assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto? O nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto ammalato o in prigione e siamo venuti a trovarti?” E il re risponderà loro: “In verità vi dico che in quanto lo avete fatto a uno di questi miei minimi fratelli, l’avete fatto a me”» (Matteo 25:36-40).

    L’apostolo Pietro scrisse: «Siate ospitali gli uni verso gli altri senza mormorare (1 Pietro 4:9) e l’apostolo Paolo ordinò: «Bisogna dunque che il vescovo sia […] ospitale» (1 Timoteo 3:2). Come parte della loro ospitalità i leader della chiesa erano tenuti ad accogliere i forestieri e altri cristiani bisognosi; questo includeva l’assistenza ai malati e ai morenti. Il primo ospedale fu costruito da San Basilio a Cesarea, in Cappadocia (l’odierna Turchia orientale), intorno al 369 d.C. Il successivo fu costruito in una provincia vicina, a Edessa, nel 375 d.C. Il primo ospedale in Occidente fu costruito a Roma intorno al 390 d.C. da Fabiola, una vedova benestante e collaboratrice di San Gerolamo, un importante insegnante cristiano. Fondò un altro ospedale nel 398 d.C., a circa 80 km a sudovest di Roma. San Crisostomo (347–407 d.C.) fece costruire degli ospedali a Costantinopoli tra la fine del IV e l’inizio del V secolo. Entro il VI secolo gli ospedali erano normalmente presenti nei monasteri. Nel IX secolo, durante il regno di Carlo Magno, imperatore del Sacro Romano Impero, furono costruiti numerosi ospedali. Entro la metà del 1500 c’erano già trentasettemila monasteri benedettini che si prendevano cura dei malati. A quell’epoca c’erano già molti ospedali in tutta Europa.

    Mentre i Crociati, che combatterono otto guerre tra il 1906 e il 1291 per liberare la Terrasanta dal dominio musulmano, si meritano un severo giudizio per alcune delle loro azioni, fecero anche una cosa lodevole costruendo ospedali in Palestina e in altre zone del Medioriente. Fondarono anche degli ordini medici che si dedicavano a fornire assistenza medica a tutti, cristiani e musulmani, senza distinzione.

    Negli Stati Uniti, uno dei primi ospedali fu fondato dai Quaccheri agli inizi del 1700 e fu uno dei due soli ospedali in esistenza fino agli inizi del 1800. Nella seconda metà del 1800 furono costruiti molti altri ospedali, solitamente da parte di chiese locali e diverse confessioni cristiane. Spesso gli ospedali portavano il nome della confessione religiosa che li sponsorizzava, come Ospedale Battista, Ospedale Luterano, Ospedale Metodista e Ospedale Presbiteriano, mentre altri ricevettero nomi come Ospedale di San Giovanni, di San Luca, di Santa Maria ecc.

    Istruzione

    Un altro campo influenzato dal cristianesimo fu l’istruzione pubblica per tutti i bambini. Oggi è normale avere scuole pubbliche gratuite; non fu sempre così. In Europa, prima del 1500, la maggior parte dell’istruzione, specialmente a livello elementare, era finanziata e gestita dalla chiesa in scuole cattedrali. Purtroppo le persone alfabetizzate erano poche, perché poche frequentavano le scuole della chiesa.

    Martin Lutero (1483-1546) raccomandò un sistema scolastico statale nel quale studenti di entrambi i sessi ricevessero un’istruzione nella lingua locale in scuole elementari, seguite da scuole secondarie e università dove s’insegnava in latino.2 Il suo collaboratore Filippo Melantone (1497-1560) persuase le autorità civili in Germania ad avviare il primo sistema scolastico pubblico. Lutero propose anche che le autorità civili obbligassero i bambini a frequentare la scuola. Col passare del tempo, l’idea di Lutero di una scuola dell’obbligo prese piede in altri paesi. Oggi il concetto che ogni bambino dovrebbe frequentare la scuola è inserito nelle leggi della maggior parte dei paesi e la Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo afferma che l’istruzione è un diritto fondamentale.

    Istruzione per i sordi

    L’insegnamento ai sordi in una lingua non parlata ebbe origine largamente grazie a tre cristiani: Charles-Michel de L’Épée, Thomas Gallaudet e Laurent Clerc. L’Épée era un sacerdote che a Parigi, nel 1775, inventò una lingua dei segni da usare per insegnare ai sordi. Il suo obiettivo era far sì che i sordi potessero ascoltare il messaggio di Gesù.3 Thomas Gallaudet e Laurent Clerc portarono la lingua dei segni di L’Épée negli Stati Uniti.

    Laurent Clerc, nato in un piccolo villaggio vicino a Lione (Francia), perse l’udito all’età di un anno. Frequentò l’Istituto Nazionale per Bambini Sordi a Parigi, presso il quale in seguito divenne insegnante. Thomas Gallaudet, un ecclesiastico che voleva aiutare i sordi, frequentò la scuola in cui Clerc insegnava, per imparare la lingua dei segni. Questi due uomini decisero di andare negli Stati Uniti per aprire lì la prima scuola per i sordi. Prima di tornare in Europa per imparare di più sul lavoro con i sordi, Gallaudet disse a una ragazza sorda: «Quando tornerò, spero di insegnarti molte cose sulla Bibbia, su Dio e su Cristo». I due uomini aprirono una scuola per i sordi nel 1817. Nel 1864 il figlio di Gallaudet aprì la prima università per i sordi, che in seguito divenne nota come Università Gallaudet, a Washington, DC.

    Non si sa molto dell’istruzione per i ciechi nei primi secoli dopo la morte e risurrezione di Gesù. Nel IV secolo c’erano cristiani che amministravano alcuni centri per i ciechi. Uno di questi fu costruito nel 630 a Gerusalemme. Nel XIII secolo, Luigi IX costruì un ospizio per i ciechi a Parigi. Nel decennio del 1830, Louis Braille, un cristiano devoto che aveva perso la vista in giovane età, escogitò un metodo per permettere ai ciechi di leggere. Venne a sapere di un sistema usato dai militari che includeva dei punti in rilievo per consentire la lettura dei messaggi al buio. Da questa idea sviluppò il suo sistema di punti marcati in rilievo che permetteva ai ciechi di leggere. Sul letto di morte disse: «Sono convinto che la mia missione sulla terra sia terminata; ieri ho gustato la delizia suprema; Dio s’è degnato di svelare ai miei occhi lo splendore della speranza eterna».4

    Università

    Comunemente si accetta che l’università più antica ancora esistente in Europa sia quella di Bologna, fondata nel 1158. Era specializzata in diritto canonico (le regole ecclesiastiche). La seconda università europea aperta fu quella di Parigi, fondata nel 1200. Originariamente era specializzata in teologia, poi nel 1270 vi aggiunsero lo studio della medicina. Bologna diede origine a diverse università in Italia, Spagna, Scozia, Svezia e Polonia. Dall’Università di Parigi ebbero origine quella di Oxford e altre università in Portogallo, Germania e Austria. L’Emmanuel College, un college cristiano inglese all’interno dell’Università di Cambridge, diede origine a quella di Harvard in America.5

    L’Università di Harvard, una delle più prestigiose degli Stati Uniti, fu fondata per educare ministri del vangelo. Il motto originale era Verità per Cristo e la chiesa (in latino). Fu fondata dalla Chiesa Congregazionale. Anche altre eminenti università degli Stati Uniti furono fondate da confessioni religiose cristiane, come l’Università di Yale (congregazionale), l’Università del Nord Ovest, (metodista), l’Università di Columbia (episcopale), l’Università di Princeton (presbiteriana) e l’Università Brown (battista).

    Come possiamo vedere, il cristianesimo ha svolto un ruolo importante nella storia e nello sviluppo di centri educativi e ospedali, contribuendo così a rendere il mondo un posto migliore, e continua a farlo ancora oggi. Dio ha esortato i cristiani di ogni epoca a essere «la luce del mondo». Ha detto ai suoi seguaci: «Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, affinché vedano le vostre opere buone e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli» (Matteo 5:14–16). Quando ciascuno di noi si sforza di condividere il Vangelo con gli altri, mentre forniamo assistenza — spirituale o pratica, o entrambe — alle persone che il Signore mette sul nostro cammino, quando facciamo la nostra parte per portare l'amore di Dio agli altri e migliorare la loro vita in ogni modo possibile, la nostra testimonianza e le nostre opere faranno risplendere la sua luce come una «città posta sopra un monte» per attirare gli altri a Lui (Matteo 5:14).

    Pubblicato originariamente nell’aprile 2019. Adattato e ripubblicato sull’Ancora in inglese il 24 novembre 2025.


    1 I punti presentati in questo articolo sono tratti da How Christianity Changed the World di Alvin J. Schmidt.

    2 Martin Luther, “Preface”, Small Catechism, in The Book of Concord, ed. Theodore G. Tappert (Philadelphia: Fortress Press, 1959), 338.

    3 Harlan Lane, When the Mind Hears (New York: Random House, 1984), 58.

    4 Etta DeGering, Seeing Fingers: The Story of Louis Braille (New York: David McKay, 1962), 110.

    5 Schmidt, How Christianity Changed the World, 187

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L’Angolo dei Direttori

Studi biblici e articoli che edificano la fede

  • 1 Corinzi: capitolo 13 (versetti 1-13)

    [1 Corinthians: Chapter 13 (verses 1–13)]

    Nel capitolo 12 di 1 Corinzi, Paolo affronta le varietà dei doni spirituali e del servizio, sottolineando che è Dio a conferire questi doni ed è lo Spirito Santo a distribuire i doni a ciascun credente “per il bene comune” (1 Corinzi 12:4-7, 11). Molti commentatori ritengono che la frase finale del capitolo 12 dovesse essere il primo versetto del capitolo 13. Di conseguenza, inizieremo questo studio con 1 Corinzi 12:31.

    Voi, però, desiderate ardentemente i doni maggiori! Ora vi mostrerò una via, che è la via per eccellenza (1 Corinzi 12:31).

    Paolo termina questo capitolo incoraggiando i Corinzi a desiderare ardentemente i doni più grandi. Poi dichiara che mostrerà loro “una via per eccellenza” per vivere come parte del corpo di Cristo. In tutte le sue epistole Paolo parlò dell’importanza dell’amore tra i cristiani, che è il tema di 1 Corinzi 13 e viene spesso indicato come la superiorità o la preminenza dell’amore.

    Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi amore, sarei un rame risonante o uno squillante cembalo (1 Corinzi 13:1).

    Paolo aveva affrontato il dono di parlare in lingue nel capitolo precedente e lo ripropone qui a causa dell’eccessiva enfasi che alcuni credenti di Corinto stavano dando a questo dono. Qui si riferisce a esso come “lingue di uomini e di angeli”. Tuttavia, non c’è alcuna prova che Paolo credesse che fosse possibile parlare nelle “lingue degli angeli”, né questo è menzionato in nessun altro punto della Bibbia.

    Tuttavia, anche se si potesse parlare in tali lingue, un simile dono non sarebbe nulla senza l’amore. Paolo lo personalizzò dicendo che se lui parlasse tali lingue senza amore, non sarebbe altro che un “rame risonante o uno squillante cembalo”. L’affermazione di Paolo che il dono delle lingue, senza l’amore, sarebbe solo del rumore inutile, probabilmente sconvolse i lettori corinzi che si attribuivano importanza per il fatto di avere questo dono.

    Se avessi il dono di profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza e avessi tutta la fede in modo da spostare i monti, ma non avessi amore, non sarei nulla (1 Corinzi 13:2).

    Poi, Paolo parla della profezia, un dono che tiene in grande considerazione (1 Corinzi 14:1). Inizia presentando uno scenario ipotetico in cui possiede un dono di profezia così grande da poter conoscere tutti i misteri e tutta la conoscenza. Nessun profeta nella Bibbia ha mai posseduto una tale onniscienza. Tuttavia, Paolo sottolinea che, anche se conoscesse ogni segreto divino e ogni conoscenza, senza l’amore non sarebbe nulla.

    Paolo prosegue poi con un’affermazione simile riguardo alla fede, dicendo: “Se avessi tutta la fede in modo da spostare i monti, ma non avessi amore, non sarei nulla”. Una persona può avere una fede che sposta i monti (Marco 11:23), ma non le giova a nulla senza l’amore.

    Se distribuissi tutti i miei beni per nutrire i poveri, se dessi il mio corpo a essere arso, e non avessi amore, non mi gioverebbe a niente (1 Corinzi 13:3).

    Poi Paolo passa a parlare di donazioni che comportano un sacrificio e fornisce chiarezza sul loro intento: “Se distribuissi tutti i miei beni per nutrire i poveri”. Paolo presenta l’ipotetico scenario di dare via tutto ciò che possiede ai bisognosi. Tuttavia, conclude che un tale gesto di sacrificio non gli avrebbe fruttato nulla se non lo avesse fatto per amore.

    Poi Paolo immagina di poter dare il suo corpo perché sia bruciato, cosa che potrebbe riferirsi a una persecuzione religiosa in cui avrebbe dovuto rinunciare alla propria vita, o forse Paolo si riferiva alle prove e alle difficoltà che l’avevano quasi condotto alla morte. In questi scenari, Paolo aveva affrontato situazioni in cui avrebbe potuto fare cose incredibilmente vicine al sacrificio, distribuendo tutti i suoi beni o venendo bruciato sul rogo. Ma Paolo conclude che senza l’amore cristiano queste azioni non valgono nulla.

    Il commentatore biblico Leon Morris la mette in questi termini:

    Paolo dice che è possibile che una persona […] faccia questo enorme sacrificio senza amore. Potrebbe essere ispirata dalla dedizione a un grande ideale, o dall’orgoglio o cose simili. In questo caso, non ottiene nulla. […] È l’amore l’unica cosa necessaria. Nulla può supplire alla sua mancanza.1

    Gesù ha insegnato che “amare il prossimo come se stessi” è secondo solo all’amare il Signore con tutto il cuore, l’anima e la mente (Matteo 22:37-40). Il comandamento di amare gli altri è la seconda legge per importanza nelle Scritture, pertanto Paolo sosteneva che senza amore per il prossimo i doni spirituali non hanno alcun valore.

    Dopo aver sottolineato la preminenza dell’amore in relazione ai doni spirituali, nei quattro versetti successivi (1 Corinzi 13:4-7), Paolo sposta l’attenzione sulla natura di questo amore e sulle sue virtù, descrivendo i tipi di azioni che esso produce e ciò che l’amore fa e non fa.

    L’amore è paziente, è benevolo; l’amore non invidia; l’amore non si vanta, non si gonfia di orgoglio… (1 Corinzi 13:4)

    Paolo affronta vari aspetti dell’amore cristiano, a partire dalla pazienza e dalla benevolenza, che sono frutti della presenza dello Spirito Santo nella vita dei cristiani (Galati 5:22-23).

    L’amore è paziente. La qualità della pazienza trasmette il senso di sopportazione e di autocontrollo. Dio è paziente, “lento all’ira e grande in bontà” (Numeri 14:18), e nella sua bontà fa in modo che il castigo venga mitigato (2 Pietro 3:9; Romani 2:4). La pazienza fa dunque parte della natura divina e i credenti dovrebbero trattare gli altri con pazienza a causa dell’amore che provano gli uni per gli altri. L’amore ci spinge a essere pazienti con gli altri perché ricordiamo quanto Dio è paziente con noi. L’amore risponde con pazienza agli altri e alle circostanze, invece di arrabbiarsi o agire senza riguardo per gli interessi degli altri (1 Tessalonicesi 5:14).

    L’amore… è benevolo. Il termine benevolenza si trova molte volte nelle epistole di Paolo, spesso nel senso che l’amore si dona con dolcezza al servizio degli altri (Colossesi 3:12; Galati 5:13-14). A volte può assumere la forma di un rimprovero attento e mirato a ottenere un buon risultato, di cui Paolo ha dato esempio trattando i Corinzi con gentilezza ma con fermezza. La benevolenza è un’espressione dell’amore mostratoci da Dio in Cristo (Efesini 2:7). Vediamo questa manifestazione d’amore unita al perdono e alla compassione in Efesini 4:32: “Siate invece benevoli e misericordiosi gli uni verso gli altri, perdonandovi a vicenda come anche Dio vi ha perdonati in Cristo”.

    L’amore… non invidia. Questa è la prima delle otto azioni incompatibili con l’amore elencate da Paolo. L’invidia e la gelosia possono partire dall’ammirazione per i beni altrui, per poi trasformarsi in risentimento per ciò che hanno. L’invidia non riflette l’amore di Cristo, che rinunciò a tutto per il bene degli altri. L’amore non è invidioso né si risente per il successo o le fortune degli altri.

    L’amore… non si vanta. La parola tradotta come vantarsi in questo versetto è usata solo in questo caso nel Nuovo Testamento. Il significato può essere inteso come “darsi delle arie”. Si riferisce al parlare con eccessivo orgoglio dei propri successi, dei propri beni o delle proprie capacità per impressionare gli altri. L’amore è incompatibile con l’orgoglio e la vanagloria, perché l’amore cerca di donarsi, non di affermarsi o di promuovere il proprio avanzamento.

    L’amore… non si gonfia di orgoglio. Paolo parla di orgoglio nel senso di eccessiva sicurezza di sé. Sia l’Antico che il Nuovo Testamento condannano l’orgoglio perché sbagliato e peccaminoso. Quando ci si preoccupa per gli altri, non si è pieni di arroganza e di presunzione. Come scrisse Tommaso d’Aquino, “amare è volere il bene dell’altro”, il che significa anteporre gli altri e il loro benessere al proprio.

    [L’amore] non si comporta in modo sconveniente, non cerca il proprio interesse, non s’inasprisce, non addebita il male (1 Corinzi 13:5)

    Ciò che viene considerato sconveniente, o volgare, può variare da un Paese all’altro, ma alla base di un comportamento sconveniente c’è la mancanza di rispetto per le usanze e le maniere a cui gli altri si attengono. Quando si ignorano queste usanze, si mostra mancanza di rispetto per le persone, mentre essere rispettosi dimostra amore per loro. Tuttavia, l’amore non significa che un cristiano debba seguire la massa. Quando i credenti si trovano di fronte a una cultura o a delle usanze che sono in contraddizione con la loro fede, non è poco amorevole evitare di aderire a esse.

    L’amore… non cerca il proprio interesse. L’amore non mette al primo posto le proprie voglie, i propri bisogni e i propri desideri senza prendere in considerazione i bisogni degli altri. Una persona amorevole mette gli interessi degli altri al di sopra dei propri e cerca il bene degli altri. Naturalmente, questo non significa ignorare i propri bisogni. Nei Vangeli leggiamo che di tanto in tanto Gesù si allontanava dalla folla per allontanarsi dalla pressione della moltitudine o prendersi dei momenti di preghiera (Luca 5:16; 22:41).

    L’amore… non si inasprisce. Altre traduzioni bibliche traducono la parola inasprirsi come “irritarsi facilmente” o “arrabbiarsi facilmente”. Chi ama il prossimo normalmente non si arrabbia né si irrita per le azioni degli altri, ma è lento all’ira e paziente. Certo, negli Atti leggiamo che Paolo era turbato e “lo spirito gli s’inacerbiva dentro” quando vide gli idoli ad Atene (Atti 17:16), ma ciò avvenne in risposta al male, non per una preoccupazione egoistica per i propri diritti.

    L’amore… non addebita il male, o come si esprime la traduzione CEI, “non tiene conto del male ricevuto”. Chi ama gli altri non tiene un registro dettagliato delle offese subite. Come ha scritto un autore, “l’amore non condona il torto o il male, ma […] dimostra la sua disponibilità a perdonarlo, non tenendo un resoconto di ogni danno in vista di future ritorsioni”.2 L’amore perdona gli altri. Sulla croce, Gesù pregò: “Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno” (Luca 23:34). Nel libro degli Atti, mentre veniva lapidato, Stefano pregò: “Signore, non imputare loro questo peccato” (Atti 7:60).

    …non gode dell’ingiustizia, ma gioisce con la verità (1 Corinzi 13:6).

    Nella sua descrizione dell’amore, Paolo contrappone l’ingiustizia e il male (che può essere tradotto come “iniquità, ingiustizia o danno”) alla verità. Nel farlo, si riferisce alla verità nel senso di “vivere secondo la verità”. La verità è al centro del cristianesimo, poiché Gesù ha detto: “Io sono… la verità” (Giovanni 14:6) e Paolo ha scritto: “Secondo la verità che è in Gesù” (Efesini 4:21). L’amore si rallegra della verità del Vangelo, di Dio e della sua Parola.

    L’amore… soffre ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa (1 Corinzi 13:7).

    In questo versetto, Paolo fa quattro affermazioni positive su ciò che l’amore fa. Scrivendo che “l’amore sopporta ogni cosa”, esprime l’idea che l’amore sopporta molte offese e non smette di amare anche quando ci si trova di fronte alle difficoltà causate dagli altri, compresi i nemici (Luca 6:27). Si riferisce anche alla capacità dell’amore di sopportare le difficoltà per il bene di un’altra persona. Significa scegliere di sostenere qualcuno, anche nei momenti difficili. Questo aspetto dell’amore riguarda la perseveranza e la costanza di fronte alle difficoltà. Come abbiamo visto in precedenza, l’amore non cerca il proprio interesse (1 Corinzi 13:5), ma cerca il bene del prossimo (1 Corinzi 10:24) e, a tal fine, l’amore sopporta ogni cosa per gli altri.

    Crede ogni cosa. Questo aspetto dell’amore, tradotto anche come “confida sempre”, si riferisce al non perdere mai la fede o, secondo le parole di Agostino, al “vedere il lato migliore”. Significa dare alle persone il beneficio del dubbio, essere disposti a credere e a vedere il meglio negli altri, contribuendo a creare un’atmosfera di fede e fiducia. Come ha scritto qualcuno, “ciò non significa che l’amore sia credulone, ma che non pensa al peggio (come fa il mondo). Conserva la sua fede […] è sempre pronto a concedere il beneficio del dubbio”.3

    Spera ogni cosa. La speranza è una parte importante dell’amore e si basa sulla fede e sulla fiducia che Dio farà cooperare tutte le cose al bene di quelli che lo amano, indipendentemente dalle difficoltà che stanno affrontando (Romani 8:28). Tutti noi affrontiamo difficoltà e a volte fallimenti, che possono farci sentire scoraggiati o sconfitti. Ma la speranza dei credenti è la certezza, fondata sulla Parola di Dio, che Cristo ci custodirà per la sua gloria (1 Pietro 5:10; 2 Timoteo 4:18). Quando un credente cade, è Gesù che lo rialza e lo aiuta a stare in piedi (Romani 14:4). È Gesù che ha promesso di portare a compimento l’opera buona che ha iniziato nella nostra vita (Filippesi 1:6).

    Sopporta ogni cosa. L’amore persevera e non rinuncia mai alle persone. È facile amare qualcuno quando non introduce difficoltà, inconvenienti o sfide nella nostra vita. Ma il vero amore resiste sia nei momenti belli che in quelli brutti. Qui Paolo si concentra in particolare sulla necessità di perseverare nell’amore per gli altri. Come cristiani dovremmo vedere la profondità e la perseveranza dell’amore di Cristo come standard per il nostro (1 Giovanni 3:16).

    L’amore non verrà mai meno (1 Corinzi 13:8a).

    In questa terza e ultima sezione del capitolo, Paolo confronta la natura transitoria dei doni spirituali di cui si è parlato in precedenza con la stabilità e la superiorità dell’amore cristiano. “questo versetto Paolo inizia affermando che l’amore non viene mai meno (in altre traduzioni viene reso anche come amore che non avrà mai fine). Indica che chi si impegna nell’amore cristiano condivide l’amore di Dio, che continuerà nell’eternità.

    Le profezie verranno abolite; le lingue cesseranno e la conoscenza verrà abolita, poiché noi conosciamo in parte, e in parte profetizziamo (1 Corinzi 13:8b-9)

    Poi Paolo dice che tre doni spirituali — profezie, lingue e conoscenza (1 Corinzi 12:8-10) — sono temporanei. Questi doni non continueranno nell’eternità come l’amore. Inoltre, non forniscono una conoscenza o una comprensione completa, poiché i credenti “conoscono solo in parte” e “profetizzano in parte”. La profezia, le lingue e la conoscenza sono doni dello Spirito Santo e ciò li rende preziosi per la Chiesa, ma hanno una natura temporanea e parziale.

    …ma quando la perfezione sarà venuta, quello che è solo in parte sarà abolito (1 Corinzi 13:10).

    La conoscenza imperfetta che i credenti possono ricevere attraverso i doni di profezia, lingue e conoscenza scomparirà “quando la perfezione sarà venuta”. Quando Cristo tornerà, alla luce della presenza di Dio non ci sarà più bisogno di profezie, lingue o conoscenza limitata. Tutti questi doni sono solo anticipazioni della perfezione che verrà.

    Quando ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino; ma quando sono diventato uomo, ho smesso le cose da bambino (1 Corinzi 13:11).

    Paolo fa un parallelismo con la crescita di un bambino in un adulto. Da bambino parlava, pensava e ragionava come un bambino. Ma quando è cresciuto ed è maturato, si è lasciato alle spalle le abitudini dell’infanzia. I limiti dei doni di profezia, lingue e conoscenza possono essere paragonati a cose infantili rispetto alla completezza che verrà.

    Poiché ora vediamo come in uno specchio, in modo oscuro; ma allora vedremo faccia a faccia; ora conosco in parte; ma allora conoscerò pienamente, come anche sono stato perfettamente conosciuto (1 Corinzi 13:12).

    All’epoca di Paolo, Corinto era nota per gli specchi che venivano fabbricati in città e forse è per questo che usò questa analogia. Gli specchi antichi erano fatti di un metallo lucido (come l’ottone), che rendeva il riflesso “oscuro”, o confuso. Vedere confusamente nello specchio indica una visione limitata. La nostra conoscenza di Dio è in qualche modo velata; attualmente non possiamo vederlo nella sua gloria a causa dei nostri limiti umani e dei nostri peccati, ma nel mondo a venire i credenti saranno redenti dal peccato e dai suoi effetti.

    Quando vedremo Cristo faccia a faccia, avremo un incontro diretto con Dio. In cielo conosceremo Dio da vicino e personalmente, così come siamo pienamente conosciuti da Lui. Come ha detto un commentatore:

    Paolo paragona l’immagine indiretta e imperfetta che vediamo nello specchio (la nostra esperienza attuale in questa epoca) con la conoscenza diretta, completa e chiara di Dio e della sua verità che sperimenteremo (faccia a faccia) alla resurrezione e oltre.4

    Ora dunque queste tre cose durano: fede, speranza, amore; ma la più grande di esse è l’amore (1 Corinzi 13:13).

    Paolo chiude questa parte della sua lettera con un’affermazione che probabilmente era familiare ai Corinzi perché lui aveva trascorso gran parte del suo ministero concentrandosi sull’importanza della fede, della speranza e dell’amore. Riferendosi a loro come a “queste tre cose”, Paolo evidenzia la fede, la speranza e l’amore come realtà cristiane preminenti e costanti, distinguendole efficacemente da tutto il resto. Questi tre elementi sono spesso collegati anche in altre parti del Nuovo Testamento.

    Memori davanti a Dio e Padre nostro del vostro impegno nella fede, della vostra operosità nella carità e della vostra costante speranza nel Signore nostro Gesù Cristo (1 Tessalonicesi 1:3 CEI).

    Noi ringraziamo Dio, Padre del nostro Signore Gesù Cristo, pregando sempre per voi, perché abbiamo sentito parlare della vostra fede in Cristo Gesù e dell’amore che avete per tutti i santi, a causa della speranza che vi è riservata nei cieli, della quale avete già sentito parlare mediante la predicazione della verità del vangelo (Colossesi 1:3-5).

    Paolo presenta la fede come il modo in cui i credenti sono uniti a Cristo e ricevono la salvezza; la fede rappresenta la nostra fiducia in Dio e il nostro impegno nei suoi confronti. Descrive la speranza in termini della salvezza che i credenti ricevono in cielo. La definizione biblica di speranza è “l’attesa sicura e fiduciosa di ricevere ciò che Dio ci ha promesso per il futuro”.5 La fede e la speranza sono strettamente correlate, in quanto rappresentano la fede e la fiducia in Dio e l’attesa sicura dell’adempimento delle sue promesse per il nostro futuro nel suo regno.

    Se Paolo ha presentato l’amore cristiano all’interno di una trilogia con la fede e la speranza, ha poi proceduto a elevarlo a un livello ancora più alto definendolo “la più grande di esse”. L’amore continuerà nell’eternità, mentre la fede si trasformerà in visione quando vedremo Gesù faccia a faccia (2 Corinzi 5:7) e la speranza non continuerà quando la cosa sperata si sarà realizzata (Romani 8:24-25). Mentre la fede, la speranza e l’amore durano e sono al di sopra di tutti i doni spirituali, il più grande di questi è l’amore.


    1 Leon Morris, 1 Corinthians: An Introduction and Commentary, vol. 7, Tyndale New Testament Commentaries (InterVarsity Press, 1985), 160.

    2 Alan F. Johnson, 1 Corinthians, The IVP New Testament Commentary Series (IVP Academic, 2004), 251.

    3 Morris, 1 Corinthians, 161.

    4 Johnson, 1 Corinthians, 255.

    5 “What is the definition of hope?” GotQuestions.org, https://www.gotquestions.org/definition-of-hope.html.


    Pubblicato originariamente in inglese il 2 settembre 2025.

  • Nov 18 La vita di un discepolo, seconda parte: amare Dio con tutto il nostro essere
  • Nov 4 1 Corinzi: capitolo 12 (versetti 12-30)
  • Ott 21 La vita di un discepolo: introduzione
  • Ott 7 1 Corinzi: capitolo 12 (versetti 1-11)
  • Set 23 1 Corinzi: capitolo 11 (versetti 17-34)
  • Ago 26 1 Corinzi: capitolo 11 (versetti 2-16)
  • Lug 29 1 Corinzi: capitolo 10 (versetti 16-33)
  • Lug 22 1 Corinzi: capitolo 10 (versetti 1-15)
  • Lug 8 1 Corinzi: capitolo 9 (versetti 18-27)
   

Dottrine

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  • La Famiglia Internazionale (LFI) [The Family International – TFI] è una comunità cristiana online impegnata nella diffusione del messaggio dell’amore di Dio in tutto il mondo. Crediamo che tutti possano avere una relazione personale con Dio, mediante Gesù Cristo, che concede felicità e pace spirituale, oltre alla motivazione ad aiutare altri e a diffondere la buona novella del suo amore.

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  • L´obiettivo principale della Famiglia Internazionale è il miglioramento della qualità di vita degli altri mediante la condivisione del messaggio vivificante dell´amore, della speranza e della salvezza che troviamo nella Parola di Dio. Crediamo che l´amore di Dio — applicato a livello pratico nella nostra vita quotidiana — sia la chiave per risolvere molti dei problemi della società, anche nel mondo complesso e frenetico di oggi. Impartendo la speranza e l´orientamento che troviamo negli insegnamenti della Bibbia, crediamo di poter contribuire alla costruzione di un mondo migliore — cambiando il mondo un cuore alla volta.

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