L’Ancora

Devozioni in formato semplice

  • Guarire un cuore spezzato

    Compilazione

    [Healing a Broken Heart]

    Un “cuore spezzato” può essere definito come un cuore colpito da un dolore straziante, da angoscia o sofferenza. Gli avvenimenti nella vita di Giobbe potrebbero essere il primo racconto biblico di un simile dolore, In un solo giorno Giobbe perse i figli, quasi tutti i suoi beni terreni, la sua salute e i suoi mezzi di sussistenza. Quale fu la sua reazione? “Allora Giobbe si alzò, si stracciò il mantello, si rase il capo, si prostrò a terra e adorò dicendo: ‘Nudo sono uscito dal grembo di mia madre, e nudo tornerò in grembo alla terra; il Signore ha dato, il Signore ha tolto; sia benedetto il nome del Signore’.” (Giobbe 1:20-21). Giobbe pianse, tuttavia imparò ciò che tutti i credenti possono imparare da un grande dolore: Dio è fedele, buono e affidabile.

    Davide, un uomo secondo il cuore di Dio, si trovò in molte circostanze angoscianti. Il Salmo 34 ci offre un esempio di come Davide superò il dolore invocando il Signore. […] Notate il primo passo: “Ho cercato il Signore, ed egli m’ha risposto; m’ha liberato da tutto ciò che m’incuteva terrore “(Salmi 34:4). Davide sapeva che “il Signore è vicino a quelli che hanno il cuore afflitto, salva gli umili di spirito” (Salmi 34:18). […]

    In un momento di disperazione uno potrebbe chiedersi: “Dio avrà anche aiutato Davide, ma si preoccupa per me?” La risposta è: assolutamente sì! […] Non deluderà il cristiano dal cuore spezzato che lo invoca oggi. Forse non risponderà esattamente come vorremmo, ma risponde secondo la sua perfetta volontà, a suo tempo; intanto, mentre restiamo in attesa di una risposta, la sua grazia ci basta (2 Corinzi 12:9). —GotQuestions.org1

    *

    Mio padre abbandonò sua moglie e quattro figli quando io ero piccolo. Non lo vidi più né ebbi sue notizie; lo credetti morto fino a quando ebbi diciotto anni. Quando mia zia Emma, la sorella di mio padre, mi disse che era vivo, rimasi stupefatto. Le diedi la mia foto presa alla cerimonia del diploma, chiedendole di fargliela avere, nella speranza che si mettesse in contatto con me. Non lo fece mai.

    Più tardi, quando ho affidato la mia vita a Gesù, ho sviluppato un rapporto con Lui e ho conosciuto il suo amore. Sì, avevo timore di Dio Padre. Conoscerlo come un Padre tenero e amorevole sembrava impossibile.

    Un giorno ho saputo che mio padre era morto. La mia profonda preghiera di incontrarlo non era stata esaudita. Ho provato una ferita enorme e sono andato a trovare zia Emma. Lei mi ha parlato un po’ della sua vita e di come era morto; mi ha detto che lui aveva deciso di non vedermi perché si vergognava troppo di come si era comportato come padre quando era giovane. Doveva avere saputo, attraverso di lei, che per diciassette anni avevo chiesto di lui.

    Mi sono fermato in piedi davanti alla sua tomba pieno di angoscia. La mia ricerca era finita. Non mi sarei mai potuto avvicinare a mio padre più di così. Ho gridato a Dio: “È troppo tardi, troppo tardi! Non ho un padre!”

    A quel punto ho udito una voce dire: “Io sono tuo Padre”. Mi sono girato, ma non c’era nessuno. Di nuovo ho sentito quelle parole, questa volta più tenere: “Io sono tuo Padre”. All’inizio è stato difficile crederci, ma il Dio di cui avevo timore mi aveva parlato. Mi sono sentito avvolto dal suo amore. Poiché Dio si era rivelato a me come Padre, non provavo più il dolore di un figlio abbandonato, né la pena della mia inutile ricerca. Ero guarito, così che ora rimane solo il ricordo e nessun dolore.

    Quel pomeriggio in quel cimitero solitario ha cambiato la mia vita. Mentre una volta Dio era solo una remota figura della Trinità, ora è il Padre con cui parlo, con cui cammino e che lodo ogni giorno. Mi rendo conto che questo Padre meraviglioso ama così tanto tutti i suoi figli che aspetta solo il giorno in cui potrà attirarci vicino a Sé in eterno. —Robert DeGrandis2

    *

    Relazioni spezzate, delusioni, perdita di un lavoro, un sogno irrealizzato o altre circostanze tragiche possono provocare una sofferenza angosciosa e il dolore può sembrare insormontabile. […]

    La soluzione forse più coerente che la società offre per affrontare un dolore è il tempo. Il tempo aiuterà, ma chi crede in Gesù non deve limitarsi ad aspettare per trovare un sollievo dalla sofferenza. Possiamo presentarci a Dio con il nostro cuore spezzato e trovare consolazione. […] Dio ci vuole bene; è una cosa davvero sorprendente. Ricordare questo e rivolgerci a Dio può essere un balsamo per il nostro dolore. […]

    La natura decaduta del nostro mondo significa che viviamo in mezzo a delusioni e dolori, ma non dobbiamo disperare. Dio ha detto che “non ci lascerà e non ci abbandonerà” (Ebrei 13:5). Dio può consolarci (2 Corinzi 1:3-4). […] Invece di soccombere alla sensazione disperata che potrebbe accompagnare il nostro cuore spezzato, possiamo usare il dolore per ricordarci che solo Dio può veramente soddisfare i nostri bisogni più profondi. Lascia che il dolore ti spinga a Dio, dove troverai un amore insondabile.

    Salmi 62:8 dice: “Confida in lui in ogni tempo, o popolo; apri il tuo cuore in sua presenza; Dio è il nostro rifugio”. Salmi 56:8 ci dice che Dio tiene conto delle nostre lacrime. Va bene provare dolore e condividerlo con Dio. Apri il tuo cuore davanti a Lui, poi confida che ti consolerà. La vita non è terminata; Dio è all’opera ed è fedele a portare a compimento la sua buona opera in te (Filippesi 1:6). —CompellingTruth.org3

    *

    Quando ripenso ai momenti decisivi della mia vita – quelli in cui le situazioni sembravano aver preso il verso sbagliato oppure i miei piani e i miei obiettivi avevano ricevuto dei contraccolpi – mi rendo conto che la mia fede ha sempre giocato un ruolo importante e mi ha aiutato a superare il dolore, le circostanze avverse e le difficoltà.

    Dato che ho lavorato come missionaria per quattro decenni, per lo più svolgendo un servizio comunitario e di volontariato all’estero, la fede è stata per me un motore naturale nel lavoro e nella vita privata. Ho imparato a confidare che nonostante i problemi c’era sempre una luce in fondo al tunnel, un raggio di speranza.

    Quando il mio secondo figlio è nato prematuro di due mesi, con polmoni poco sviluppati e un battito cardiaco debole, mi sono sentita distrutta. I medici dubitavano che potesse avere una vita sana e normale e lo tennero un mese nell’incubatrice. Il timore di perdere mio figlio mi faceva venire un nodo in gola, ma mi aggrappai alla fede e riuscimmo entrambi a superare la lunga attesa prima del suo rilascio dall’ospedale con il peso giusto e un certificato di buona salute.“Or la fede è certezza di cose che si sperano, dimostrazione di realtà che non si vedono. Senza fede è impossibile piacergli; poiché chi si accosta a Dio deve credere che egli è, e che ricompensa tutti quelli che lo cercano” (Ebrei 11:1,6).

    Nel 2003, la perdita di un figlio a causa della leucemia dopo due anni di chemioterapia mi portò sull’orlo della disperazione. La fede mi accompagnò lungo la strada della sofferenza e della perdita, fino a raggiungere un luogo migliore. “Infatti io ritengo che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria che dev’essere manifestata a nostro riguardo” (Romani 8:18).

    Sentirmi impotente ad aiutare la lunga lotta di una persona cara contro la dipendenza e vederne le conseguenze nei problemi con il suo matrimonio e la sua vita professionale, mi spezzò il cuore. La fede mi diede speranza quando tutto sembrava disperato e la forza di credere che la battaglia potesse essere vinta. “Poiché tutto quello che è nato da Dio vince il mondo; e questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede” (1 Giovanni 5:4).

    Dal 1995, negli anni in cui ho lavorato nel continente africano, con tutta la sua insicurezza e la sua povertà, la mia fede mi ha fatto da scudo. Mi ha dato il coraggio di resistere nei momenti in cui sembrava che niente avesse un senso o quando l’energia e la determinazione venivano meno. “Davanti alla promessa di Dio [Abraamo] non vacillò per incredulità, ma fu fortificato nella sua fede e diede gloria a Dio, pienamente convinto che quanto egli ha promesso, è anche in grado di compierlo” (Romani 4:20-21).

    Più e più volte la fede in Dio ha reso gestibili le avversità, tangibile la felicità, sopportabili le delusioni, tollerabili le perdite. Mi ha dato la certezza che il sole tornerà sempre a brillare. —Iris Richard

    Pubblicato originariamente sull’Ancora in inglese l’8 ottobre 2024.

    Copyright © 2024 The Family International.
    (Healing a Broken Heart — Italian)

  • Gen 20 Reagire lodando, parte 2
  • Gen 18 Allegri nelle afflizioni
  • Gen 18 Risvolti positivi
  • Gen 17 Nuovo giorno, nuovo inizio
  • Gen 15 Buone notizie per tutti, dappertutto
  • Gen 11 Reagire lodando, parte 1
  • Gen 10 Passare tempo con il Maestro
  • Gen 6 Un ufficiale e un gentile
  • Gen 3 Entrando nell’anno nuovo
   

L’Angolo dei Direttori

Studi biblici e articoli che edificano la fede

  • Virtù per i seguaci di Cristo: benevolenza

    [Virtues for Christ-Followers: Kindness]

    Il quinto frutto dello spirito descritto in Galati 5:22 è la benevolenza (benignità, gentilezza), che è strettamente connessa alle altre virtù. 1 Corinzi 13 descrive l’amore come benevolo. Una versione lo traduce con “l’amore è paziente e benevolo”, poi prosegue dicendo che “non invidia, non si vanta, non si gonfia di orgoglio, non è altezzoso, non fa niente d'indecoroso, non cerca il proprio interesse, non si irrita né si ricorda dei torti che subisce”.1

    Benevolenza significa parole amorevoli e gesti premurosi. Significa avere un cuore compassionevole e mettere quella compassione e quell’amore in azione.

    Se vogliamo essere più benevoli e diventare più simili a Cristo nelle interazioni con gli altri, possiamo cominciare col seguire l’esempio che ci ha dato Gesù nelle sue interazioni quotidiane con gli altri. Quando leggiamo la Parola di Dio, quando ci sforziamo di applicarla alla nostra vita, è utile dedicare un po’ di tempo a meditare su come possiamo metterla in pratica nella vita quotidiana, così da poter riversare sugli altri la sua benevolenza e la sua gentilezza.

    Paolo evidenziò questi principi quando scrisse: “Siete stati scelti da Dio, che vi ama. Perciò rivestitevi di sentimenti nuovi: siate pieni di compassione, bontà e dolcezza verso gli altri; siate umili e pazienti. Sopportatevi a vicenda, e se qualcuno ha motivo di lamentarsi degli altri, sia pronto a perdonare senza portare rancori. Come il Signore ha perdonato voi, così voi dovete perdonare gli altri. Soprattutto, rivestitevi dell'amore, perché soltanto con l'amore si può vivere uniti in perfetta armonia”.2

    I seguenti articoli descrivono alcuni modi in cui possiamo coltivare la virtù della benevolenza nella nostra vita e “rivestirci” di sentimenti di gentile benevolenza — e nel farlo benedire le persone con l’amore di Dio.

    Parabole sulla benevolenza

    In una storia raccontata da Gesù, un giovane lasciò casa nella speranza di fare fortuna, ma finì per sprecare la sua parte delle ricchezze di famiglia in una vita sfrenata. Alla fine, senza soldi e umiliato, ritornò alla casa di suo padre, probabilmente aspettandosi di trovare un atteggiamento irato — o quanto meno condiscendente — e una predica severa. Suo padre invece lo accolse a braccia aperte, piangendo di gioia.

    In un’altra storia, un uomo era in viaggio da Gerico a Gerusalemme, quando dei ladri lo assalirono, lo picchiarono e lo lasciarono per morto. Dopo che un sacerdote e un levita erano passati senza aiutarlo, un samaritano (gente disprezzata dagli ebrei dei tempi di Gesù) ebbe compassione del poveretto e lo portò in una locanda nel paese più vicino, perfino predisponendo il pagamento di tutte le spese fino alla sua completa guarigione.

    Quelle del Figliol Prodigo e del Buon Samaritano sono tra le parabole più note raccontate da Gesù e parlano entrambe di bontà. Nella prima, che raffigura un padre amorevole e clemente, Gesù descriveva la bontà di Dio nei nostri confronti, quella bontà senza condizioni che è la radice stessa della sua natura. Nella seconda ci ingiungeva di essere buoni con gli altri, perfino quelli che non ci piacciono o a cui non piacciamo.

    Spesso bisogna fare uno sforzo per essere buoni. Non è una cosa naturale per noi, come invece lo è per Dio, ma la Bibbia ci dice che “Dio, nella sua bontà, agisce dentro di voi e vi rende capaci non soltanto di desiderare, ma anche di fare ciò che egli vuole”;3 e Gesù ci ha detto: “Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò”.4Ronan Keane5

    Vestiti di benevolenza

    Nel 1975, John Molloy scrisse un libro intitolato Vestito per il successo, che divenne il manuale della moda per molte persone che cercavano di fare carriera. Il consiglio di Molloy girava su una promessa fondamentale: vestiti sempre come il tuo capo. Ogni giorno, per il lavoro, la scuola o lo svago, dobbiamo decidere cosa indossare; ma c’è un altro guardaroba per cui dobbiamo fare delle scelte: il nostro comportamento e le nostre azioni. Se affermiamo di essere seguaci di Cristo, il nostro abbigliamento spirituale è molto più importante del nostro vestiario materiale.

    Date un’occhiata all’abbigliamento che Dio richiede da noi: Come suo popolo eletto, dobbiamo vestirci “di benevolenza, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza” (Colossesi 3:12). Dobbiamo mostrare sopportazione e perdono (Colossesi 3:13). Soprattutto, dobbiamo “vestirci dell'amore che è il vincolo della perfezione” (Colossesi 3:14). Cominciamo ogni giorno rispettando Cristo come nostro principale, la Persona per cui lavoriamo? Mi prendo il tempo di vestirmi di un comportamento che gli faccia piacere? Indosso ciò che le persone desiderano vedere più di ogni altra cosa: compassione, benevolenza, umiltà, gentilezza, pazienza e amore? Se è così, sarò vestito per avere successo al servizio di Dio. —OurDaily Bread6

    *

    Dimostrare benevolenza è un gesto esercitato e apprezzato in tutto il mondo. Gesù ci ha fornito un esempio superlativo di amore e benevolenza con la sua vita e il suo sacrificio sulla croce. Amore e benevolenza sono caratteristiche fondamentali di Dio e sono un “frutto” che si riflette in una vita sottomessa a Dio. L’apostolo Paolo ci chiede di essere buoni gli uni verso gli altri, di servirci umilmente gli uni gli altri (Galati 5:13) e di fare del bene a tutti (Galati 6:10). —Compassion.com

    Gli articoli che seguono evidenziano la fonte della benevolenza, che è prodotta dallo Spirito Santo nella nostra vita quando cerchiamo di imitare la benevolenza di Dio e la benevolenza insegnata e vissuta da Gesù.

    La fonte della benevolenza cristiana

    Ovviamente non è necessario essere cristiani per dimostrare benevolenza. Anzi, alcuni non credenti dimostrano più benevolenza di certi cristiani. Quindi?

    La differenza più grande tra la benevolenza naturale e quella cristiana è la fonte da cui proviene. Per molti non credenti, comportarsi in un certo modo sembra semplicemente la cosa giusta da fare – e decisamente fa del mondo un posto migliore. I gesti di bontà sono sempre una fonte ispirante di incoraggiamento.

    Per un cristiano, il quinto elemento che le Scritture elencano come “il frutto dello Spirito (Galati 5:22) è la benevolenza. La benevolenza cristiana scorre soprannaturalmente nell’anima di chi è salvato, redento, rinato, giustificato e perdonato. […]

    I cristiani desiderano essere benevoli principalmente per come Dio è stato buono e misericordioso con loro. Il Signore ha perdonato i nostri peccati anche se non meritiamo di essere perdonati. Dio ci ha liberamente fatto dono della vita eterna in Cielo (Romani 6:23). Perché mai? Abbiamo forse fatto qualcosa per meritarci la benevolenza divina? Ovviamente no. “Dio invece mostra la grandezza del proprio amore per noi in questo: che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi” (Romani 5:8). È stato l’amore di Dio a causare la nostra salvezza eterna.

    “La bontà di Dio ti spinge al ravvedimento” (Romani 2:4). Facciamo parte della sua famiglia oggi, domani e per sempre. E Lui “ci ha dato lo Spirito Santo nei nostri cuori come garanzia che apparteniamo a lui e come anticipo di tutto ciò che ci darà” (2 Corinzi 1:22 BDG). Questa garanzia produce un’enorme motivazione per essere buoni. La nostra benevolenza di cristiani è radicata nell’amore di Dio per noi in Cristo.

    Il normale presupposto umano è di poter essere abbastanza buono e benevolo da farcela ad arrivare in Cielo. In realtà c’è un solo gesto di benevolenza che ha il potere di spazzare via il peccato: la benevolenza che Dio ha dimostrato nei nostri confronti quando ha mandato il suo Figlio unigenito a soffrire e morire sulla croce per la nostra salvezza (1 Pietro 3:18; Romani 5:9; Ebrei 9:28). […]

    Vuoi ricevere la benevolenza divina nella persona di Gesù Cristo? Una volta che l’avrai ricevuta confidando che Gesù perdonerà i tuoi peccati, sarai istantaneamente motivato a essere buono con gli altri perché Dio è stato buono con te. “Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo” (1 Giovanni 4:19). —Dan Delzell7

    Benevolenza cristiana

    La benevolenza è sottovalutata. La consideriamo equivalente a essere cortesi o cordiali, come se si trattasse per lo più di sorridere, andare d’accordo e non infastidire gli altri. Sembra una virtù piuttosto mondana, ma la Bibbia presenta un ritratto della benevolenza molto diverso e avvincente.

    La vera benevolenza è prodotta dallo Spirito (Galati 5:22). È una disposizione soprannaturalmente generosa del nostro cuore verso gli altri, anche quando non se la meritano e non ricambiano il nostro amore. Dio stesso è benevolo in questo modo. La sua benevolenza è diretta a portare le persone al pentimento (Romani 2:4), il che implica che non sono ancora arrivate a Lui. […] La nostra benevolenza rispecchia il cuore di nostro Padre: “Siate invece benigni e misericordiosi gli uni verso gli altri, perdonandovi a vicenda, come anche Dio vi ha perdonato in Cristo” (Efesini 4:32). […]

    La benevolenza non è cosa da poco. Produce un frutto meraviglioso nella nostra vita e in quella di chi ci sta intorno. “Chi ricerca la giustizia e la bontà troverà vita, giustizia e gloria” (Proverbi 21:21 NR). Ci rendiamo disponibili all’opera soprannaturale dello Spirito Santo quando gli chiediamo di produrre in noi cuori benevoli che traboccano da labbra benevole. —Stephen Witmer8

    La storia che segue ci fornisce un esempio vivo della benevolenza e di come gesti di bontà possono cambiare il corso della vita di una persona.

    La ricompensa della benevolenza

    Una serie di perdite traumatiche mi aveva lasciata arrabbiata con Dio. Sola, senza mezzi di sostentamento e senza speranza, avevo cercato di mettere fine alla mia vita. Ripresi conoscenza in un ospedale, dove passai i giorni seguenti a rimettermi in sesto. Era San Valentino, il primo senza mio marito. Sedevo sola, in una sala dell’ospedale, e piangevo le poche lacrime che mi erano rimaste.

    Un uomo e una donna mi passarono accanto, poi si fermarono. “Aspettami un attimo”, lo udii dire. Poi si avvicinò, con un dito mi sollevò il volto rigato di lacrime e… mi diede un bacio sulla guancia. Era un altro ricoverato con cui avevo parlato brevemente la sera prima. Ma perché questo estraneo mi aveva dato quel bacio? Cosa l’aveva spinto a tendermi una mano per tirarmi fuori dal mio buio? Cosa avevo fatto per meritarlo?

    Dopo qualche minuto, cominciai a riprendermi. Ho ricevuto un dono meraviglioso, il dono della speranza, e devo dividerlo con altri. Con quel pensiero in mente incominciai a reagire, a fare i primi piccoli passi per uscire dall’orrido in cui ero precipitata.

    Alcuni giorni dopo, ormai dimessa dall’ospedale, guardai quel che rimaneva dei miei risparmi, ridotti a poche monete.  Nella credenza erano rimaste solo una scatola di polenta e una lattina di salsa di pomodoro. Sembra che mangerò polenta e pomodoro per i prossimi tre giorni. Tanto vale che la cuocia tutta oggi, calcolai.

    Avevo appena finito di cucinare e stavo per mettermi a tavola, quando squillò il campanello. Alla porta c’era una giovane donna, di una magrezza che rasentava l’emaciazione. Accanto a lei, un bimbo di cinque o sei anni, altrettanto malnutrito. La donna disse di essere una profuga, senza lavoro. Mi chiese se avessi qualche soldo da darle e il mio pensiero volò alle poche monete che mi erano rimaste. Che ci può fare, con quelle? E che ci posso fare io?

    “Mi è rimasta solo qualche moneta”, le dissi, “quindi so anch’io cosa significhi non avere niente. Ho appena fatto polenta con del sugo di pomodoro, volete pranzare con me?”

    Madre e figlio accettarono timidamente e mangiammo assieme in cucina. Poi mi ricordai di una tavoletta di cioccolato che mi avevano regalato qualche giorno prima e che avevo messo da parte per tempi ancora più difficili.  La tirai fuori e la diedi al bambino, in cambio di un abbraccio che non dimenticherò mai.

    Quando scoprii che abitavano lì vicino, li invitai a tornare. Non potevo promettere pasti completi, le spiegai, ma avremmo potuto dividere ciò che avrei avuto al momento. Con un sorriso e una stretta di mano, se ne andarono. Non li ho più rivisti.

    Tre giorni dopo, lessi un annuncio di lavoro sul giornale e mi presentai per un colloquio, anche se non avevo le qualifiche o l’esperienza richieste. Dopo qualche minuto, il mio intervistatore mi fece una domanda che non mi aspettavo: “Vuole cominciare domani?” Prima che potessi rispondere, un pensiero mi attraversò la mente come una folgore: Quei due estranei alla porta erano angeli in missione?

    Mi sentii come se avessi superato un esame, non solo un colloquio di lavoro. Prima Dio mi aveva mandato un uomo per farmi vedere che mi voleva bene e non mi aveva dimenticato; poi mi aveva mandato la madre col bambino, per verificare se ero pronta a tener fede alla promessa di passare ad altri quell’amore e quella speranza. Quando lo feci, Lui aprì le porte delle sue benedizioni.

    [Quando Erika ha scritto questo articolo, era felice e realizzata nel suo lavoro di giornalista – e altrettanto realizzata nel suo “altro lavoro” di aiutare a diffondere l’amore divino. Gli anziani cui fa visita nelle case di riposo apprezzano la sua amicizia, le sue attenzioni e la sua disponibilità ad ascoltarli.]9

    Una preghiera per avere benevolenza

    Caro Dio, mi presento a te oggi con un cuore umile e il desiderio di essere più simile a Te. Riempimi con il tuo spirito di bontà e compassione, così da essere una luce per tutti quelli che mi stanno intorno. Aiutami a ricordare Filippesi 2:3 durante la mia giornata. Ricordami di non fare niente per ambizione egoista o per presunzione vanitosa, ma di stimare gli altri più di me stessa.

    Signore, so che la benevolenza non è sempre facile, specialmente quando incontro persone o situazioni difficili. Ti prego di darmi la forza e la saggezza per reagire con grazia e amore. Possa io essere svelta ad ascoltare e lenta a parlare e ad arrabbiarmi.

    Ti chiedo anche di aiutarmi a vedere il bisogno delle persone. A volte stanno male e non sanno come chiedere aiuto. Dammi occhi per vedere e orecchie per ascoltare, così da poter essere una fonte di conforto e sostegno per chi ne ha bisogno.

    Ti prego di aiutarmi, nel corso della mia giornata, a dimostrare attivamente benevolenza agli altri. Che si tratti di un sorriso, di una parola gentile o di un semplice gesto utile, possa essere un riflesso del tuo amore e della tua grazia.

    Infine, Signore, ti chiedo di benedirmi con un cuore pieno di gratitudine. Aiutami a riconoscere le benedizioni nella mia vita e a esserne grata. Possa la mia gratitudine trasformarsi in gesti di bontà e generosità nei confronti degli altri.

    Grazie, Dio, per il tuo amore e la tua grazia. Ti prego di aiutarmi a essere più simile a te ogni giorno. Nel nome di Gesù. Amen. —Stephanie Reeves10

    Spunti per la riflessione

    “Poiché la sua bontà verso di noi è grande, e la fedeltà del Signore dura per sempre. Alleluia” (Salmi 117:2).

    “La benevolenza è una parte essenziale dell’opera divina e della nostra qui sulla terra”.

    “Siate benevoli e misericordiosi gli uni verso gli altri, perdonandovi a vicenda come anche Dio vi ha perdonati in Cristo” (Efesini 4:32).

    “La benevolenza è una lingua che tutti comprendono. Come cristiani, siamo ambasciatori dell’amore di Dio agli altri; la benevolenza che dimostriamo trasmette l’amore e l’attenzione di Dio e contribuisce a condurli a Lui”. —Rafael Holding

    (Continua.)


    Nota

    Se non altrimenti indicato, tutte le citazioni bibliche sono tratte da: La Nuova Riveduta, Copyright © 2006 Società Biblica di Ginevra. Tutti i diritti riservati.


    1 1 Corinzi 13:4–5 PEV.

    2 Colossesi 3:12–14.

    3 Filippesi 2:13 PEV.

    4 Giovanni 14:14.

    5 “Aiutare noi stessi”, adattato, Contatto, giugno 2013.

    6 https://www.odb.org/1997/05/19/dress-for-success

    7 https://www.christianpost.com/voices/the-difference-between-natural-kindness-and-christian-kindness.html

    8 https://www.desiringgod.org/articles/kindness-changes-everything

    9 “L’esame di riparazione”, Contatto, febbraio 2013.

    10 https://abide.com/blog/a-morning-prayer-for-kindness/


    Pubblicato originariamente in inglese il 3 settembre 2024.

  • Gen 14 Virtù per i seguaci di Cristo: la pazienza
  • Gen 7 1 Corinzi: capitolo 4 (versetti 6-14)
  • Dic 17 1 Corinzi: capitolo 3 (versetti 3:18-4:5)
  • Dic 10 1 Corinzi: capitolo 3 (versetti 10-17)
  • Nov 26 1 Corinzi: capitolo 3 (versetti 1-9)
  • Nov 12 Virtù per i seguaci di Cristo: la pace
  • Ott 29 Vedere Dio nelle tue sofferenze
  • Ott 15 1 Corinzi: capitolo 2 (versetti 9-16)
  • Ott 8 Virtù per i seguaci di Cristo: la gioia
   

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