L’Ancora

Devozioni in formato semplice

  • Allegri nelle afflizioni

    William B. McGrath

    In Sorrows Rejoicing

    Quando ripenso ai miei primi anni come cristiano, comprendo meglio i motivi per cui Dio ha permesso che certe afflizioni entrassero nella mia vita. Anche se mi ero impegnato nel servizio missionario e avevo cominciato a studiare regolarmente la Bibbia, c’erano ancora così tante cose da imparare. Le mie aspettative di come potesse diventare la mia vita di cristiano erano piuttosto ingenue.

    Immagino che in parte avessi preso alcune delle mie prime e un po’ gloriose aspettative per l’opera missionaria dalle influenze della cultura del mondo. Da allora ho compreso meglio come questa cultura possa inculcare in noi l’idea che le cose che favoriscono il nostro orgoglio e la nostra autoglorificazione sono da ricercare e apprezzare. Sottomissione, mansuetudine e umiltà non sono considerate punti forti, non sono niente di mitico. Così, sembra, ho dato troppa importanza ai successi visibili e alla conquista di tratti caratteriali carismatici e affascinanti. Ho immaginato la mia partecipazione a una notevole opera per il Signore, qualcosa di speciale che avrebbe suscitato l’ammirazione di molti.

    Non mi ero immaginato di poter avere alcuni grandi mal di testa e delusioni, né mi ero anticipato il disperato bisogno di adeguare il mio atteggiamento. Non avevo compreso molto bene cosa comportasse il “prendere la mia croce” e “rinnegare me stesso” (Matteo 16:24). Un’altra cosa che non avevo capito era che dando la mia vita a Cristo e sottomettendo la mia volontà alla sua avrei finito per partecipare ad alcune delle sofferenze da Lui patite (1 Pietro 4:13). Come nota positiva, però, sembrava che percepissi che nonostante le perdite terrene mi era stato offerto un dono inestimabile, la “perla di gran valore” (Matteo 13:45-46), il privilegio di essere reso “conforme all’immagine del Figlio” con delle ricompense eterne (Romani 8:29; 2 Corinzi 3:18).

    Un’altra cosa che non avevo capito troppo bene e che sto ancora imparando è la pratica biblica di imparare ad aspettare il Signore. Noemi disse a Ruth: “Rimani qui, figlia mia, finché tu sappia come andrà a finire la cosa” (Rut 3:18). Ho sempre avuto l’abitudine di “sistemare” ansiosamente tutto come meglio potevo e appena potevo, anche se significava farlo con un po’ di fretta e tutto da solo. Da allora ho imparato che a Dio importa la mia reazione alle circostanze che ha permesso nella mia vita: se mi lamenterò o se confiderò in Lui e capirò che i suoi piani spesso non sono uguali ai miei.

    Lo dice bene questa citazione di Elisabeth Elliot:

    Molte volte nella mia vita Dio mi ha chiesto di aspettare, quando io volevo andare avanti. Mi ha tenuto al buio quando io chiedevo una luce. Alle mie implorazioni di una guida, spesso la sua risposta è stata: “Sta’ quieta, figlia mia”. Mi piace vedere dei progressi. Cerco la prova che Dio stia facendo almeno qualcosa. […] Naturalmente, per la maggior parte di noi questo test dell’attesa non ha luogo in una casa vuota e silenziosa, ma nel regolare corso di lavoro, appuntamenti, compere, tentativi di aggiustare la macchina. […] Aspettare il Signore è quasi impossibile, a meno di imparare allo stesso tempo a trovare la gioia del Signore, affidargli ogni cosa, confidare in Lui e restare in silenzio. […] La vera attesa non è fare niente. […] Una delle discipline della vita spirituale a cui la maggior parte di noi trova difficile sottomettersi è l’attesa. Nessun’altra disciplina rivela più di questa la qualità della nostra fede.[1]

    Tutti abbiamo progetti e altre cose che desideriamo vedere completati, ma i nostri conseguimenti spesso sono messi in attesa. Durante tutte le mie attese, però, ho imparato a coltivare la fiducia e l’aspettativa di una risposta da Lui al momento che ritiene giusto. Salmi 31:19 mi promette che Dio riserva grandi bontà a quelli che lo temono e confidano in Lui. Isaia 64:4 e 1 Corinzi 2:9 sono due promesse che sembrano andare insieme come un paio di guanti. Ci dicono entrambi che Dio ha preparato cose meravigliose, al di là di ciò che abbiamo visto o udito; in Isaia per quelli che sperano nel Signore e in 1 Corinzi per quelli che lo amano.

    La vita mi ha destinato alcune sofferenze che non avrei mai potuto, né dovuto, immaginare prima. In mezzo a tutta la sofferenza, io aspiro a ubbidire all’ingiunzione del Signore di “farmi coraggio” (Giovanni 16:33) e anche a prendermi a cuore l’esempio di Paolo: “[Di queste cose] non tengo alcun conto” (Atti 20:24) e “Ritengo che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria che sarà manifestata in noi” (Romani 8:18). Come poteva dirlo, Paolo? Deve aver sperimentato la bontà e la benevolenza del Signore (Salmi 63:3; 17:7; 36:7).

    La Bibbia ci dice che Gesù imparò l’ubbidienza per mezzo delle cose che soffrì (Ebrei 5:8). Ha senso, quindi, che anche noi dovremmo sopportare qualche sofferenza per imparare l’ubbidienza e che, per ricevere le benedizioni alla fine, dovremmo sforzarci di sopportarla come Gesù sopportò la sua.

    Ognuno di noi può subire sofferenze, afflizioni e dolori, ma possiamo avere la certezza che Dio è con noi quando le affrontiamo e che gli dispiace per noi (Ebrei 4:15). La nostra risposta è offrire a Lui queste avversità e continuare a fidarci, come meglio possiamo, che può darci la grazia di superare le sofferenze come fece Lui e di trionfare alla fine.

    Le gemme più rare sopportano l’abrasione più forte. Noi siamo il prodotto di Dio.[2]

    Il cristianesimo non è cosa da deboli, per quanto il mondo voglia farcelo credere. È per chi ha il coraggio di umiliarsi. È una porta piccola che dobbiamo attraversare [ma] la porta si apre su un luogo molto spazioso.[3]

    Pubblicato originariamente sull’Ancora in inglese il 24 aprile 2024.


    [1] Elisabeth Elliot, A Lamp Unto My Feet, giorno 24, 1985.

    [2] Elisabeth Elliot, The Path of Loneliness, 1991.

    [3] Elliot, The Path of Loneliness.

  • Gen 18 Risvolti positivi
  • Gen 17 Nuovo giorno, nuovo inizio
  • Gen 15 Buone notizie per tutti, dappertutto
  • Gen 11 Reagire lodando, parte 1
  • Gen 10 Passare tempo con il Maestro
  • Gen 6 Un ufficiale e un gentile
  • Gen 3 Entrando nell’anno nuovo
  • Dic 31 Speranza per l’anno nuovo
  • Dic 28 Superare la paura mediante la fede
   

L’Angolo dei Direttori

Studi biblici e articoli che edificano la fede

  • Virtù per i seguaci di Cristo: la pazienza

    [Virtues for Christ-Followers: Patience]

    Troviamo la pazienza di Dio in tutte le Scritture e nel Nuovo Testamento ci viene chiesto di coltivare questa virtù nella nostra vita, imparando anche noi a essere pazienti. La pazienza è connessa ad altre virtù, perché nel bel “capitolo dell’amore” di 1 Corinzi 13 vediamo che “l’amore è paziente”1 e, quando pratichiamo la pazienza dei confronti degli altri, dimostriamo anche bontà, compassione, gentilezza e umiltà. La pazienza è un’opera dello Spirito di Dio che ci dà la forza di sopportare situazioni difficili e affrontare le pressioni della vita senza perdere calma e compostezza.

    La parola pazienza è spesso tradotta come sopportazione, la capacità di resistere alle avversità, e come perseveranza, la capacità di progredire nonostante le avversità. La Bibbia ci fornisce alcuni esempi di persone che hanno perseverato pazientemente in situazioni difficili o impegnative, come Giobbe, Davide, Giacobbe e Giuseppe, che affrontarono tutti le avversità con pazienza e fiducia in Dio, stabilendo un esempio per i credenti. “Tutto ciò che fu scritto nel passato, fu scritto per nostra istruzione, affinché, mediante la pazienza e la consolazione che ci provengono dalle Scritture, conserviamo la speranza”.2

    I seguenti articoli sottolineano questi principi.

    Il procedimento divino

    I cristiani trovano questo procedimento fastidioso. Vogliamo che le persone superino in fretta il loro dolore. Ci sentiamo a disagio quando il perdono richiede tempo. Vogliamo una guarigione immediata e insistiamo per la trasformazione totale negli altri senza alcun periodo di incubazione.

    Riflettendo sulla nascita di Gesù, ecco cosa ho capito: il fatto che Gesù sia diventato un bambino mette automaticamente il sigillo divino a un procedimento lento.

    L’angelo annunciò la salvezza ai pastori, ma quello che videro nella mangiatoia era un bambino dall’aspetto comune, un bambino che aveva bisogno di tempo per crescere. Ci sarebbero voluti più di tre decenni prima che il significato del piano redentore di Dio fosse visibile.

    Negli anni intermedi, Gesù dovette sopportare la dentizione, l’addestramento al vasino e la pubertà. Dovette imparare a camminare e a parlare. Dovette passare notti senza sonno, conoscere mani callose e fiato che puzzava di pesce e farsi male ai piedi.

    Perché mai Dio lo fece? Perché non mandare suo figlio come persona adulta immediatamente pronta per la croce, o quantomeno per il suo ministero pubblico?

    Gesù passò la maggior parte della sua vita terrena in un procedimento lento “crescendo in sapienza e in statura”, come dice la Scrittura […] Ciò significa che la completa e libera benedizione divina deve dipendere dal procedimento, oltre che dal completamento. Il “diventare” faceva parte del suo piano tanto quanto la fine. La grazia per un procedimento lento è insita nella natura stessa dell’Incarnazione. […]

    Ci lamentiamo per i ritardi di Dio. Ma ricorda ciò che dice Pietro: “Il Signore non ritarda l’adempimento della sua promessa, come pretendono alcuni; ma è paziente verso di voi, non volendo che qualcuno perisca, ma che tutti giungano al ravvedimento” (2 Pietro 3:9).

    Quando abbiamo comprato la nostra casa, dodici anni fa, l’impresa edile sfornava case a passo di record. Per noi andava benissimo; non vedevamo l’ora di trasferirci lì. Alcuni aspetti della costruzione, però, non avrebbero dovuto andare in fretta. L’abbiamo imparato quando i tubi della fognatura si sono intasati cinque giorni dopo aver ricevuto le chiavi di casa. Ancora oggi sono “difetti caratteriali” della casa con cui dobbiamo convivere, causati da una costruzione affrettata.

    Dio si muove lentamente per il nostro bene. Ciò che è necessario da parte nostra non è pazientare ma sottometterci.

    Dio è all’opera anche quando non ce ne accorgiamo. Questo ci dà spazio per essere comprensivi con gli altri, perché passiamo tutti per un procedimento. Se Dio non si aspetta che tu sia già arrivato, come posso mettere un’asticella più alta per te?

    Una delle invocazioni nella Bibbia è: “Fino a quando, Signore?” Ma il fatto che Gesù sia arrivato come un bambino mi dà il permesso di accettare, e sì, perfino di godermi il mio lento progresso. —Jeff Peabody3

    I piani madre

    In Atti 17:26, l’apostolo Paolo parla di un piano che abbraccia ogni piano mai fatto. Dice: “[Dio] ha tratto da uno solo tutte le nazioni degli uomini perché abitino su tutta la faccia della terra, avendo determinato le epoche loro assegnate, e i confini della loro abitazione”. In altre parole, fin dall’inizio Dio aveva un piano: l’atto della creazione non fu casuale. Non è che Dio avesse bisogno di qualcosa da fare una domenica pomeriggio, così bang — la terra! Esiste un piano complessivo che si svolge ogni giorno dell’esistenza dell’umanità sul pianeta terra.

    Ma c’è qualcosa di ancora più intenzionale e personale in quel che ci riguarda: ogni essere umano messo sulla terra è stato un atto intenzionale di creazione. Dio è un pianificatore; ha piani per tutti. A proposito di Dio, Re Davide dichiara: “I tuoi occhi videro il mio corpo ancora informe e nel tuo libro erano tutti scritti i giorni che mi erano destinati, ancora prima che ne sorgesse uno”.4 E in un discorso che descrive la natura di Dio, Giobbe dice a Dio: “I giorni [dell’uomo] sono fissati e il numero dei suoi mesi dipende da te, e tu gli hai posto un termine che egli non può varcare”.5

    Immagina Dio che pianifica la vita di Mosè. Nel primo capitolo non c’è Mosè che divide il Mar Rosso; in effetti non inizia nemmeno quando Mosè riceve da Dio le direttive davanti al roveto ardente sul monte Oreb. C’è un’ottantina d’anni di capitoli e pagine prima di quegli avvenimenti. Studiando la vita di Mosè, è facile stupirsi dei quarant’anni che lui passò a curare le pecore; pensiamo a quanta pazienza debba aver imparato alla fine di quella traversia. Adesso mi rendo conto che è Dio a esemplificare la virtù della pazienza in questa storia. Immagina la creazione di un personaggio che sarà pronto a fare quello che hai progettato per lui ottant’anni dopo la sua creazione.

    In una lettera ai Romani, Paolo chiama Dio “il Dio della pazienza”.6 Nella Bibbia Dio è descritto come paziente e tollerante; sono alcune delle caratteristiche che gli sono attribuite. Se Dio fu tanto paziente nel suo piano per Mosè e in quelli per tutta l’umanità, penso che non sia troppo immaginare che Dio voglia che anche noi siamo pazienti con ciò che Lui fa nella nostra vita. Se Dio crede che valiamo l’attesa, allora dovremmo crederci anche noi. —T.M.7

    La pazienza di Giobbe

    In una società in cui apprezziamo tutto ciò che arriva istantaneamente, aspettare qualcosa sembra fuori moda e forse anche un po’ sgradevole. La pazienza, però, è un concetto biblico e la sua pratica ha la possibilità di permetterci di vivere bene e saggiamente in un mondo corrotto, fiduciosi negli scopi e nelle promesse del nostro buon Dio. La Bibbia ci dice di essere “imitatori di quelli che per fede e pazienza ereditano le promesse” (Ebrei 6:12). Giobbe è uno dei personaggi messi in evidenza nelle Scritture per la sua notevole pazienza.

    Nella Bibbia, Giobbe è un uomo pio cui Dio permette di passare per molte prove. Perde la sua ricchezza, la salute e i figli; sua moglie e i suoi amici dubitano di lui e gli si rivoltano contro. In mezzo a molte perdite e sofferenze, Giobbe si arrovella con domande e dubbi, ma rimane collegato a Dio in preghiera, aspettando che Dio gli faccia superare quei momenti di forte avversità.

    Dichiara: “Mi uccida pure! Continuerò a sperare” (Giobbe 13:15 NR) e “Io so che il mio Redentore vive e che alla fine si alzerà sulla polvere. E quando, dopo la mia pelle, sarà distrutto questo corpo, senza la mia carne, vedrò Dio” (Giobbe 19:25-26).

    Alla fine, la pazienza di Giobbe viene premiata. Anche se Dio non spiega fino in fondo il “perché” di tutto ciò che è successo, giustifica Giobbe e sgrida i suoi amici per averlo criticato, poi ripristina la famiglia e i beni di Giobbe. Nel libro di Giacomo, i credenti sono incoraggiati a emulare Giobbe: “Siate pazienti anche voi. […] Ecco, noi definiamo felici quelli che hanno sofferto pazientemente. Avete udito parlare della costanza di Giobbe, e conoscete la sorte finale che gli riserbò il Signore, perché il Signore è pieno di compassione e misericordioso” (Giacomo 5:8-11). […]

    Nella Bibbia, Giobbe non viene elogiato solo per la sua pazienza. Lo stesso passo di Giacomo in cui viene menzionato [Giobbe] dice anche: “Prendete, fratelli, come modello di sopportazione e di pazienza i profeti che hanno parlato nel nome del Signore” (Giacomo 5:10). Il libro degli Ebrei dice che “avendo aspettato con pazienza, Abraamo vide realizzarsi la promessa” (Ebrei 6:15).

    Gli esempi nelle Scritture di Giobbe e altri che dimostrarono pazienza possono essere istruttivi per la nostra stessa vita mentre cerchiamo di coltivare una pazienza che rende onore a Dio invece di esigere tutto all’istante. […]

    Alcuni dei momenti più belli nel libro di Giobbe sono quelli in cui esprime la sua fede nella bontà del carattere di Dio nonostante non senta quella bontà al momento della sua preghiera. Allo stesso modo, quando noi facciamo esperienza di quelle che sembrano nubi che oscurano la bontà divina, possiamo avere fiducia che la sua bontà persiste, con la stessa certezza che il sole tornerà a risplendere. […]

    Possiamo così pregare con Paolo: “[Preghiamo che siate] fortificati in ogni cosa dalla sua gloriosa potenza, per essere sempre pazienti e perseveranti” (Colossesi 1:11). —Jessica Udall8

    Pazienza e perseveranza

    È difficile immaginare che un uomo piccolo e storpio, con un sorriso gentile, possa aver messo il mondo sottosopra. Tuttavia, William Wilberforce, da qualcuno definito “un nanerottolo”, lo fece, ma non con la forza.

    Nella seconda metà del 1700, la tratta degli schiavi coinvolgeva migliaia di africani, centinaia di navi e milioni di sterline; da essa dipendevano le economie dell’Inghilterra e di gran parte dell’Europa. Pochi erano a conoscenza degli orrori del cosiddetto “passaggio di mezzo” attraverso l’Atlantico, in cui si stima che sia morto un africano su quattro.

    Wilforce ne era a conoscenza e ne era profondamente turbato.

    Nel maggio del 1788. Wilberforce, con l’aiuto del ricercatore Thomas Clarkson (che Wilberforce elogiò come elemento centrale del successo della sua causa), introdusse in parlamento una mozione in dodici punti che bandiva il commercio. La mozione fu sconfitta. Piantatori, commercianti, proprietari di navi, tradizionalisti e perfino la Corona si opposero al movimento. Gli abolizionisti erano visti come estremisti pericolosi.

    Tuttavia, Wilberforce rifiutò di arrendersi e introdusse un’altra proposta di legge contro la tratta degli schiavi nel 1791, anch’essa respinta.

    Un’altra sconfitta arrivò nel 1792.

    Un’altra nel 1973.

    Altre ancora nel 1793 nel 1798 e nel 1799. E poi nel 1804 e nel 1805.

    Gradualmente, il pubblico cominciò a sostenere gli sforzi degli abolizionisti e nel 1806 il parlamento abolì la tratta degli schiavi nell’Impero Britannico. Wilberforce pianse di gioia.

    Non essendo tipo da riposare sugli allori, s’impegnò a liberare tutti gli schiavi. Anche questo richiese una notevole persistenza. Nell’estate del 1833, finalmente il parlamento passò la Legge sull’Emancipazione. Tre giorni dopo, Wilberforce morì.

    Wilberforce e i suoi alleati (lui non aveva mai agito da solo né si addossò alcun merito) riuscirono a liberare la Gran Bretagna, la potenza mondiale più grande di quell’epoca, dal male più grande di quei tempi — e solo con la costante applicazione di fede, politica e persistenza.—Mark Galli9

    *

    Questo tipo di pazienza che sopporta e persevera è fortemente connessa con la speranza. Siamo pazienti nelle circostanze difficili perché crediamo che il Signore ci darà la grazia e a suo tempo ci condurrà alla vittoria, proprio come fece con i nostri padri nella fede. Come Paolo insegnò nella lettera ai Romani: “Siate allegri nella speranza, pazienti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera”.10 E Giacomo parla di lasciare che la pazienza completi la sua opera nella nostra vita: “Sapendo che la prova della vostra fede produce pazienza. E la pazienza completi l’opera sua in voi, perché siate perfetti e integri, senza mancare di nulla”.11

    La seguente citazione illustra questo principio:

    I frutti dello Spirito sono l’immagine perfetta di chi è Gesù e di come agisce: “Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mansuetudine, autocontrollo” (Galati 5:22-23).

    In che modo Dio produce questo tipo di frutti nella nostra vita? Ci mette in situazioni che sono il contrario del frutto che fa crescere in noi. È facile amare le persone piacevoli; Dio ci insegnerà ad amare mettendoci in mezzo a persone spiacevoli, così dovremo imparare ad amare. Nei momenti di sofferenza, impareremo la gioia. Impareremo la pazienza quando questa sarà messa alla prova.

    Dio vuole costruire il tuo carattere. Forse vorresti che il processo fosse rapido e facile, come in un distributore automatico. Un distributore ti dà immediatamente quello che vuoi, ma gran parte di ciò che offre è solo spazzatura che a lungo andare ti farà male. Dio funziona al contrario del distributore automatico. Il processo è lento e a volte difficile, ma col tempo ti darà un carattere forte.

    Ricorda che la crescita spirituale è un percorso lungo. Sii paziente. —Rick Warren12

    Un’altra area che richiede pazienza è la tolleranza nei confronti dei difetti, delle colpe e dei fallimenti degli altri. Tutti hanno dei difetti, noi compresi. In questo caso la pazienza consiste nel tollerare i difetti altrui che ci infastidiscono. Dobbiamo sopportare pazientemente le colpe gli uni degli altri, per amore.13

    È utile ricordarsi che Dio è paziente con noi tutti i giorni — e non solo con le peculiarità della nostra personalità, ma anche con i nostri peccati. Non si arrabbia né si infastidisce per le nostre colpe e le nostre mancanze; invece, nel suo amore e nella sua misericordia, è paziente con noi moltissime volte. Come suoi seguaci, dobbiamo a nostra volta dimostrare misericordia e pazienza nei confronti degli altri e fare loro quello che vorremmo facessero a noi,14 come sottolinea Jerry Bridges:

    “Ogni giorno Dio ha pazienza con noi e ogni giorno noi siamo tentati di spazientirci con amici, vicini e persone care. E le nostre colpe e le nostre mancanze davanti a Dio sono molto più serie delle insignificanti azioni degli altri che tendono ad irritarci. Dio ci chiede di sopportare con grazia le debolezze degli altri, di tollerarli e perdonarli come Lui ha perdonato noi”.—Jerry Bridges

    *

    Niente come vedere Dio in tutto ci renderà amorevoli e pazienti con le persone che ci infastidiscono e ci disturbano. Per noi saranno solo gli strumenti per realizzare i teneri e saggi propositi divini nei nostri confronti e alla fine ci ritroveremo perfino a ringraziarli interiormente per le benedizioni che ci portano”. —Hannah Whitall Smith

    “Quando la Bibbia parla di pazienza, […] ne parla come di una virtù che va ben oltre la mera capacità di aspettare qualche guadagno futuro. Comporta più che il riposo o la pace dell’anima che confida nel tempismo perfetto di Dio. La pazienza che vediamo qui presta più attenzione ai rapporti con le altre persone. È la pazienza della tolleranza e della sopportazione nonostante i danni personali. Questa è la pazienza più difficile di tutte”. —R.C. Sproul

    Una preghiera per avere pazienza

    Signore Gesù, il vecchio significato di pazienza è “sopportazione” e Tu hai davvero sopportato infinite sofferenze piuttosto che darmi la punizione meritata dai miei peccati. Sei stato indicibilmente paziente con me. Quella verità mi renda paziente con le persone intorno a me, con le mie circostanze e con ogni modo in cui disporrai della mia vita. Amen. —Tim Keller

    Spunti per la riflessione

    “Siate allegri nella speranza, pazienti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera” (Romani 12:12).

    “Aspettare è difficile, ma se vuoi camminare con Dio devi coltivare un cuore pieno di pazienza per aspettare Lui”. —James K. Saah

    “Rallegratevi con quelli che sono allegri; piangete con quelli che piangono” (Romani 15:5).

    “La pazienza è la radiosità trascendente di un cuore amorevole e tenero che, nei suoi rapporti con le persone che lo circondano, le osserva con gentilezza e cortesia”. —Billy Graham

    (Per altri contenuti sulla virtù della pazienza, vedi Più simili a Gesù: pazienza. Continua.)


    Nota

    Se non altrimenti indicato, tutte le citazioni bibliche sono tratte da: La Nuova Riveduta, Copyright © 2006 Società Biblica di Ginevra. Tutti i diritti riservati.


    1 1 Corinzi 13:4.

    2 Romani 15:4.

    3 Jeff Peabody, “What Christmas Says to the Impatient Pastor”, Christianity Today, 22 dicembre 2015.

    4 Salmi 139:16.

    5 Giobbe 14:5.

    6 Romani 15:5.

    7 Adattato da un articolo suJust1Thing, “Patience and God’s Plans,” pubblicato sull’Ancora nel 2017.

    8 https://www.crosswalk.com/faith/spiritual-life/what-does-it-mean-to-have-the-patience-of-job.html

    9 https://www.todayschristianwoman.com/articles/1998/march/power-of-patience.html

    10 Romani 12:12.

    11 Giacomo 1:3–4 CEI.

    12 https://pastorrick.com/you-were-created-to-be-like-christ/

    13 Efesini 4:2.

    14 Luca 6:31.


    Pubblicato originariamente in inglese il 6 agosto 2024.

  • Gen 7 1 Corinzi: capitolo 4 (versetti 6-14)
  • Dic 17 1 Corinzi: capitolo 3 (versetti 3:18-4:5)
  • Dic 10 1 Corinzi: capitolo 3 (versetti 10-17)
  • Nov 26 1 Corinzi: capitolo 3 (versetti 1-9)
  • Nov 12 Virtù per i seguaci di Cristo: la pace
  • Ott 29 Vedere Dio nelle tue sofferenze
  • Ott 15 1 Corinzi: capitolo 2 (versetti 9-16)
  • Ott 8 Virtù per i seguaci di Cristo: la gioia
  • Set 24 Corinzi: capitolo 2 (versetti 1-8)
   

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